Sin dalle origini la storia dell’umanità è stata caratterizzata dalla convivenza di specie diverse. Seguendo la linea del tempo 1 troviamo, sei milioni di anni fa, l’Ardipithecus ramidus (fig. 1), le cui testimonianze giungono fino a 4,4 milioni di anni fa.
Vive nell'Etiopia settentrionale. Ha ancora caratteri scimmieschi arboricoli, cammina su due piedi anche se continua ad arrampicarsi sugli alberi. Le braccia sono sproporzionate rispetto alle gambe. A questo proposito sorge spontanea la domanda: “Perché ad un certo punto le scimmie si sono trasformate in ominidi bipedi?”. La risposta è la seguente: 10.000 anni fa nell'Africa dell'Est, a causa di movimenti tellurici, si crea la Great Rift Valley (fig. 2), una barriera di 6000 km che porterà ad un cambiamento climatico importante: essa ostacola le perturbazioni atlantiche e causa il progressivo inaridimento dei territori più orientali del continente africano.
Si riduce così l'estensione della foresta pluviale cui subentrano praterie e savane. Ecco perché in questo territorio le scimmie antropomorfe sono “costrette”, ai fini della sopravvivenza, ad imparare a camminare su due zampe abbandonando la vita sugli alberi. Il bipedismo aveva i suoi vantaggi: primo fra tutti la capacità di poter ergersi sopra le distese erbose e avvistare così più agevolmente la preda; in secondo luogo, i primi ominidi bipedi iniziano ad avere l'uso libero delle mani ed il pollice opponibile e, dunque, la possibilità di afferrare gli oggetti.
Una delle prime tracce dei nostri antenati risale a circa 3,75 milioni di anni fa, si tratta della prima camminata conosciuta della storia, scoperta da Mary D. Leakey nel 1979. Ci troviamo nella Tanzania settentrionale. Orme umane (fig. 3) si allontanano dall'eruzione del vulcano Sadiman.
La cenere, insieme alla pioggia, si deposita sul suolo cosicché vi restano impresse 70 impronte. Dall'arco plantare e dall'alluce risulta evidente che i “proprietari” delle orme erano esseri bipedi. Le due creature appartengono alla medesima specie di Lucy (fig.4), l’esemplare umano femmina alta come un bambino di 6 anni, vissuto in Etiopia 3,2 milioni di anni fa, il cui scheletro è stato ricostruito ed è ora esposto al Cleveland Museum of Natural History. Il nome Lucy si rifà alla canzone dei Beatles “Lucy in the Sky with Diamonds” che gli archeologi stavano ascoltando al momento della scoperta.
A 3,5 milioni di anni fa risale l'Australopitecus africanus (fig. 5) vissuto nell’ Africa meridionale e scoperto nel 1924.
1,9 milioni di anni fa compare nell’Africa orientale l'Homo ergaster (fig.6) : è più slanciato, bipede, con ossa leggere e una capacità cranica maggiore rispetto ai suoi predecessori. Con questa specie l’uomo inizia a lavorare la pietra.
Nel 1984 i paleontologi Richard Leakey, Meave Leakey e Alan Walker fanno un ritrovamento eccezionale: un Homo ergaster di circa 9 anni (fig. 7), alto 1,60m risalente a 1,6 milioni di anni fa. L'angolazione di 180 ° tra il femore e la colonna vertebrale ci dicono che aveva un'andatura bipede.
Al periodo compreso tra 385.000 anni fa e 325.000 anni fa risalgono invece le tracce di una seconda camminata “storica”. Si tratta di impronte rinvenute nella cenere fresca nel complesso vulcanico di Roccamonfina (fig.8), nella Campania nordoccidentale.
Tre uomini bipedi, insieme ad altri animali, sono scesi per la fiancata del vulcano in eruzione lasciando 56 impronte sulla fanghiglia calda mista alla cenere. Dalle tracce possiamo dedurre che gli uomini, camminando velocemente per scappare alla morte, durante il tragitto sono scivolati più volte per poi procedere a zig-zag appoggiandosi a tratti con le mani al terreno per rimanere in equilibrio. Gli abitanti della zona le chiamano le Ciampate del diavolo.
Ed eccoci arrivati all' Homo di Neanderthal comparso circa 250.000 anni fa (fig.9).
Dopo un'epoca di grande diffusione in Europa, le comunità formate da questa specie diventano sempre meno numerose fino a scomparire. Quali possono esserne state le cause? Forse uno sterminio fisico o un’epidemia o, più probabilmente, problemi di adattamento ambientale e, dunque, la sopravvivenza legata alla contemporanea diffusione dell'Homo sapiens. I Neanderthal vivono in piccoli gruppi, sono in grado di padroneggiare il fuoco e sanno lavorare la pietra in maniera avanzata. Dai crani che sono stati ritrovati sappiamo che i lobi frontali del cervello, dove avvengono i processi razionali, erano poco sviluppati. La regione occipitale, invece, fondamentale per le funzioni legate alla vista, era più grande rispetto alla conformazione cranica dell'Homo sapiens. L’abitudine dei Neanderthal di seppellire i corpi dei defunti è indice di civiltà e dell’inizio della capacità della specie umana di elaborare pensieri astratti.
I corpi rinvenuti nelle sepolture hanno una posizione fetale, sono cosparsi di ocra rossa e polline (simbolo di rinascita), e sono spesso rivolti a est. Eccone un esempio: si tratta della sepoltura di Shanidar rinvenuta sui Monti Zagros in Iraq, risalente al periodo compreso tra 80 e 60 .000 anni fa (fig.10)
Infine, 200.000 anni fa circa, nasce in Africa la nostra specie, l’Homo sapiens (fig. 11).
Pitture rupestri, manufatti ossei realizzati con tecniche avanzate, sepolture sofisticate e la costruzione di ripari più complessi sono tutte testimonianze di un comportamento molto simile a quello degli uomini moderni: basti pensare al prezioso reperto del primo flauto in osso (fig. 12) scoperto nel sito di Hohle Fels in Germania sud occidentale, nel Baden Wüttemberg, risalente a 35.000 anni fa: a partire da questa data inizia il connubio tra l’uomo e la musica.
Il termine Preistoria indica l'arco di tempo della storia umana che va da circa 2,5 milioni di anni fa fino all'invenzione della scrittura (circa quarto millennio a.C.), le cui prime forme sono state rintracciate in Mesopotamia. La Preistoria coincide con l'età della pietra, la quale si suddivide in tre periodi (vedi linee del tempo 2 e 3).
Il Paleolitico
Il primo, il Paleolitico, ovvero l'età della pietra antica (dal greco palaios = vecchio e lithos = pietra) ha inizio 2,5 milioni di anni fa e termina circa 10.000 anni fa. In questo lasso di tempo l'uomo vive come nomade, si sposta in base alle condizioni climatiche alla ricerca della selvaggina. Pratica la caccia e l'economia di prelievo (raccoglieva radici, bacche, frutti, etc). Riesce a scheggiare ciottoli di selce fino a renderli taglienti. Questi primi utensili sono chiamati chopper (fig. 13), venivano impugnati nella parte tondeggiante e usati come armi o per tagliare le carni degli animali catturati e raschiarne le pelli.
Successivamente le pietre saranno scheggiate da ambo i lati ottenendo così l'amigdala (“mandorla”) (fig. 14) usata, ad esempio, come pugnale.
Al periodo del Paleolitico risalgono le prime pitture rupestri: tra le testimonianze più importanti ricordiamo quelle della grotta di Chauvet nella Francia sud- orientale, più precisamente nella regione Alvernia-Rodano- Alpi (fig.15).
Le decorazioni si sono succedute per un periodo di tempo lunghissimo a partire da almeno 32.000 anni fa. Esse si estendono per una superficie pari a 8500 metri quadri e si sono conservate grazie ad una frana che in passato ha sigillato l'ingresso della grotta.
Vi sono raffigurate specie di predatori (orsi, leoni, rinoceronti, etc.) insieme a cervi, cavalli, bisonti e un gufo. Gli animali sono rappresentati in piena corsa mentre cacciano in branco: gli artisti che li hanno realizzati ne conoscevano perfettamente l'anatomia. Con il chiaroscuro, inoltre, hanno creato il senso del volume sul muso e sul dorso. Gli animali in secondo piano sono resi con un tratto più leggero, quasi a dare l'idea di una maggiore distanza rispetto a chi osserva. Lo scopo era propiziatorio: se si fosse rappresentato un animale, il giorno dopo si sarebbe riuscito a ucciderlo durante le battute di caccia. Alcuni studiosi però riconducono queste rappresentazioni a riti sciamanici eseguiti allo scopo di entrare in contatto con gli spiriti.
In Francia nella grotta di Peche -Merle (25.000- 20.000 a.C.) presso Lot (fig.17)
possiamo ammirare impronte di mani sulla roccia (fig. 18) ottenute dopo averci spruzzato tutt’ attorno il colore.
Sono due le ipotesi riguardo il significato di queste decorazioni: esse simboleggiano la presa di possesso del luogo o si tratta di una sorta di auto- rappresentazione. Sono state realizzate con la tecnica del soffio e dello spruzzo: si soffiava con una cannula il pigmento sopra la mano creando il contorno. Ma come fabbricavano i colori gli uomini del Paleolitico? il nero si otteneva dal carbone, bruciando la legna (era utilizzato soprattutto per il contorno delle figure), il marrone dal manganese, il bianco dall'argilla, il rosso dall'ocra rossa, il giallo dall’ocra gialla. I pigmenti erano pestati; per legare fra loro i colori si utilizzavano il grasso, il sangue animale, l'acqua o la saliva. L'artista incideva o dipingeva la linea di contorno della figura per poi stendere il colore. Quest'ultimo si applicava con i polpastrelli o con i pennelli ricavati da peli di animali.
A Lascaux (fig.19), in Dordogna, il 12 settembre 1940 alcuni ragazzini scoprono per caso l'ingresso di una grotta caratterizzata all’interno da tre ramificazioni (fig.20).
Le magnifiche decorazioni risalgono al periodo compreso tra il 16.000 e il 14.000 a.C. La loro ottima conservazione si deve all'area secca della grotta e alle pareti di calcite che assorbono bene i pigmenti. Con il passar del tempo però, a causa dell'umidità e dell'anidride carbonica prodotti dai visitatori, sulle pareti si sono create delle muffe per cui dal 1963 la grotta è stata chiusa al pubblico, ma ne è stata creata una copia esatta visitabile. Dal 2016, inoltre, è stato aperto un museo che riproduce integralmente i dipinti della grotta: si tratta del centro Lascaux IV (fig. 21).
I soggetti ritratti sono cavalli, cervi, alci, rinoceronti, ripresi nell'atto di correre, alcuni circondati da frecce (fig.22).
Lo scopo era probabilmente propiziatorio: se si fosse rappresentato un animale, il giorno dopo si sarebbe riuscito a ucciderlo nelle battute di caccia. Famosissimo é il cavallo cinese (fig.23) così chiamato per il tratto calligrafico che ricorda l'arte orientale: i contorni sono tracciati col carbone, la pancia è resa con tratti del pennello per dare l’idea del pelo, le zampe e la criniera sono neri mentre il mantello è di colore ocra, rosso e marrone. Le parti sporgenti della roccia contribuiscono a dare l'effetto di un bassorilievo.
Nella Spagna settentrionale in Cantabria, località Altamira, vicino Santander (fig. 24), una bambina di 8 anni scopre alcuni dipinti di bisonti sul soffitto di una grotta.
Ci fu molto scetticismo nell'accogliere questa scoperta, dato che lo stile della pittura sembrava assai moderno per appartenere ad un periodo preistorico. Oggi sappiamo che le pitture parietali di Altamira sono datate tra il 14.000 e l'11.000 a.C. Il soffitto su cui sono dipinti i bisonti, cavalli, cervi è molto basso (fig.25).
La grotta non è mai stata abitata perché nel Paleolitico gli uomini vivevano all'aperto e usavano come riparo solo gli ingressi delle caverne. La tecnica pittorica utilizzata è più o meno simile a quella di Lascaux. In più, utilizzando il carbone, si sono resi dettagli quali gli occhi, le corna o la criniera degli animali (fig. 26).
Al Paleolitico risale la famosa Venere di Willendorf (fig.27), dal nome del luogo, sito in Austria, in cui è stata rinvenuta.
La statuetta risale a circa 30.000 anni fa, è alta circa 11 cm ed è stata realizzata con l’oolite, una roccia sedimentaria presente sul lago di Garda. Le parti anatomiche preponderanti sono la pancia, i fianchi, il seno, i glutei, simboli della fecondità. Era tinta di colore rosso (simbolo di rinascita). La statuetta probabilmente rappresenta la Grande Madre, creatrice e dispensatrice di fertilità. Le gambe a forma di cuneo probabilmente servivano a conficcarla nel terreno con funzione propiziatoria (ci si augurava così che la terra potesse essere prospera di frutti). La testa è caratterizzata da una serie di riccioli o da un copricapo a forma di conchiglia (simbolo di rinascita), molto simile a quello ritrovato nella tomba di un giovane maschio (fig.28) vissuto 24.000 anni fa nella grotta di Arene Candide (Finale Ligure).
Altre celebre Venere é quella di Laussel (fig.29) (Aquitania), risalente a 20.000 anni fa. La figura, un bassorilievo scolpito su pietra calcarea, regge con una mano un corno simbolo di fecondità.
Bellissima e molto vicina ad un ritratto é invece la Venere di Brassenpouy (fig.30) (Aquitania) risalente a 23.000 anni fa, con il collo sottile, il naso e le sopracciglia in rilievo. La scultura in avorio ha un'acconciatura che ricorda le trecce o un cappuccio o un copricapo con conchiglie simile a quello della Venere di Willendorf.
Il Mesolitico
Il Mesolitico (età della pietra di mezzo) è il periodo compreso tra i 10.000 e gli 8000 anni fa. Tra le principali testimonianze artistiche dell’epoca ricordiamo le incisioni della grotta dell’Addaura (fig.31) vicino Palermo.
L'arte è diventata simbolica: con pochi tratti si vuole comunicare qualcosa in maniera sintetica. Si tratta di graffiti che mostrano nove persone riprese in circolo in pose innaturali: hanno le mani incrociate sull’ inguine, le braccia levate verso il cielo o il capo inarcato all'indietro. Per quanto riguarda il significato si è pensato all'illustrazione di acrobati o a riti religiosi (forse pratiche di iniziazione o cerimonie sacrificali).
Il Neolitico
Il Neolitico va dagli 8000 ai 5500 anni fa. L'uomo si trasforma da nomade a sedentario: comincia a praticare l'allevamento e l'agricoltura, costruisce i primi villaggi di capanne e le palafitte (abitazioni sopraelevate rispetto al lago). La costruzione dei primi telai dà origine alla tessitura. Vengono inoltre prodotti i primi contenitori di ceramica (fig.32): si plasmava l'argilla, la si essiccava all'aria e poi si cuoceva nel forno.
Quest'ultimo, in origine, consisteva in un fosso con un fuoco acceso al centro. Quando l'argilla cotta si trasforma in ceramica o terracotta assume un colore rosso chiaro. Inizialmente i vasi si ottenevano con cordoni di argilla arrotolati a formare il vaso (fig.33),
in seguito per la loro realizzazione si è utilizzato il tornio (fig,34).
Le prime decorazioni erano a forma di piccole conchiglie, incisioni, impronte di mani, figure geometriche (fig.35).
Al 6000 a.C. risalgono i petroglifi, incisioni sulla roccia presenti nel territorio della Valcamonica (fig. 36 Parco Naquane), a nord della provincia di Brescia.
Alle figure di oranti (fig.37) realizzate nel Mesolitico
si succedono scene di allevamento dell’epoca dei metalli: il carro è visto dall'alto mentre gli animali trainati sono rappresentati l'uno sull'altro (fig.38).
All'età del ferro risale, sempre in Val Camonica, la rosa camuna sita nel Parco Seradina-Bedolina, (fig.39): secondo gli studiosi essa rappresenterebbe il percorso diurno del sole; i quattro raggi alluderebbero ai due equinozi e ai due solstizi.
Ricordiamo ancora la più antica mappa topografica al mondo, la cosiddetta mappa di di Bedolina (fig.40): quest’ultimo graffito si estende per 50 mq e rappresenterebbe un villaggio con capanne con sentieri tracciati.
I petroglifi (fig.41) ci ricordano un po’ i graffiti di K.Haring (fig.42), il noto artista del graffitismo o Street art, contemporanea corrente artistica che propone un ritorno alle origini dell’arte per quanto riguarda forma e contenuti. Essa punta a valorizzare messaggi quali la pace, la solidarietà, l'amore per la vita, completamente dimenticati dalla società odierna dedita al consumismo, alla guerra, animata dall'egoismo. La Street Art è dunque un esempio di come l'arte del passato possa fungere da “serbatoio” di idee da cui attingere per ispirare l'arte del presente.
Stonehenge e Carnac
Verso la fine del quinto millennio a.C. in Europa compaiono i menhir (dal bretone: pietra lunga) e i dolmen (tavola in pietra), ovvero le prime strutture megalitiche. Le pietre dei menhir hanno una dimensione “mega”: misurano dai 3 ai 20 m di altezza. Dopo essere state trascinate su tronchi d'albero disposti in maniera orizzontale, esse venivano fatte scivolare dentro un fossato per poi essere innalzate. Un esempio é il sito di Carnac in Bretagna (fig. 43) risalente al quarto millennio a.C.
Secondo antiche leggende regionali le pietre dalla forma fallica erano in grado di favorire la fertilità delle donne che avevano problemi a rimanere incinta. Questo è il motivo per cui nel corso dei secoli, si organizzavano cerimonie e rituali spesso contrari al buon costume e severamente denunciati dal clero locale (fig.44, 45,46).
I dolmen (fig.47) o triliti (tre pietre), invece, sono costruiti con tre blocchi di pietra, due verticali e uno superiore sistemato orizzontalmente a mo’ di architrave. Dopo aver conficcato al suolo i due massi utilizzando la stessa tecnica dei menhir, si costruiva un terrapieno così da far scivolare la terza pietra sopra i piedritti per poi fissarla orizzontalmente.
Effettivamente questo tipo di megaliti può essere assimilato ad una sorta di porta collegata, secondo le credenze, ad altre dimensioni. I cromlech sono invece menhir disposti in cerchio o in cerchi concentrici, come nel caso di Stonehenge (fig.48 e 49), sito costruito a più riprese, la cui datazione varia dal 2500 al 1600 a.C.
Probabilmente il complesso fungeva da calendario astronomico legato a rituali in onore del sole o della luna. Il giorno del solstizio d'estate, infatti, si assiste all’ allineamento dei raggi del sole che colpiscono la pietra del tallone esterna al cerchio e sita lungo la via cerimoniale, per poi penetrare dentro quest'ultimo e illuminare la pietra d'altare (fig. 50).
Secondo un'antica leggenda la pietra del tallone è stata trasportata di nascosto a Stonehenge dal diavolo in persona . Si accorse di ciò un frate, il quale minacciò di rivelare il segreto. Il diavolo allora gli scagliò contro la pietra che andò a colpirgli il tallone. Per quanto riguarda la funzione del sito di Stonehenge, alcuni studiosi sostengono l’ipotesi dell’area funeraria o che si tratti di un calendario riferito ai cicli agricoli stagionali. Ancora oggi vi avvengono cerimonie e rituali pagani, specie nel giorno del solstizio d’estate. Goffredo di Monmouth, lo scrittore vissuto in epoca medievale, affermava come fosse stato mago Merlino a erigere il sito di Stonehenge ricorrendo alle arti magiche: questo la dice lunga sull’aura misteriosa che da sempre circonda questi meravigliosi megaliti! All'interno del cerchio di Stonehenge si trovano 5 dolmen bluestones (dal nome della pietra vulcanica) disposti a ferro di cavallo (fig. 51) e altri piccoli menhir.
Gli enormi massi sono stati trasportati da molto lontano in un'epoca in cui la ruota non era ancora stata inventata (bisognerà aspettare per questo il 3500 a.C). Le lastre orizzontali dei dolmen, dopo essere state levigate, sono state montate a incastro sui massi verticali. Lo spuntone (tenòne) in cima al masso verticale si inseriva nella mortasa, un incavo scavato nella parte inferiore dell'architrave (fig.52), un po’ come avviene per i mattoncini Lego.
Questo tipo di costruzione necessitava di un’efficiente divisione del lavoro e di un'organizzazione capillare. Nel 1986 il sito è stato dichiarato patrimonio dell'umanità. Un’ultima curiosità: da una ricerca svolta dall'archeologo Mike Pitts, direttore dei lavori di Stonehenge fino al 2008, pubblicata sulla rivista British Archeology, è emerso come la Heel Stone si trovasse nel sito già da milioni di anni. La pietra, infatti, al contrario delle altre, non è stata lavorata e, probabilmente, è stata rinvenuta dalle popolazioni del luogo all'indomani dell'ultima glaciazione: è dunque attorno a questa enorme pietra arenaria che si è deciso di costruire questo complesso magico.
I nuraghi
All'età del Bronzo risalgono invece i nuraghi (1800 a.C. circa) della Sardegna. Il complesso più famoso é quello di Barumini (fig. 53), nell’ area di Nuraxi, risalente al 1500 a.C., vicino Cagliari.
Il nuraghe è una torre megalitica di forma tronco- conica realizzata con la tecnica del muretto a secco, le cui pietre cioè non sono unite da alcun tipo di legante. Esse sono disposte a creare una circonferenza con il diametro che man mano si restringe fino a creare una sorta di cupola come copertura. Il sito in provincia di Cagliari è stato organizzato attorno ad un nuraghe centrale: con il passar del tempo vi sono state addossate torri minori così da formare un complesso quadrilobato. L'insieme è stato poi circondato da una cinta muraria con torri. Infine, nel VII secolo a.C. è stato costruito tutt’ attorno alla fortezza un complesso di capanne circolari in pietra. Inizialmente si era pensato ad una funzione difensiva, ma in seguito alla scoperta di magazzini e capanne si è optato per uno scopo abitativo. L’area archeologica di Nuraxi è stata dichiarata nel 1997 patrimonio dell'Unesco.
Scultura
Per quanto riguarda la scultura dell'età nuragica ricordiamo La madre dell'ucciso (fig. 54) risalente al XII secolo a.C. (Cagliari Museo Archeologico) in bronzo, la cui iconografia anticipa quella della Pietà.
All'età dei metalli risale la stele di Saint Sernin (fig. 55), in particolare alla seconda metà del III millennio a.C., custodita presso il Musée Fenaille di Rodez (Francia): si tratta di una figura femminile rappresentata in maniera molto schematica con gambe, braccia, impreziosita da collane.
Nella parte retrostante (fig.56) sono scolpite le pieghe del mantello. Ciò che la caratterizza particolarmente è la resa dei seni di forma circolare. Probabilmente aveva una funzione propiziatoria.
Datazione
Il materiale animale o vegetale (organico) non più vecchio di 60.000 anni, può essere datato misurando il contenuto del carbonio 14 contenuto nel reperto. Dopo la morte, infatti, il processo di accumulazione del carbonio 14 negli esseri viventi si interrompe. L’isotopo decade progressivamente in maniera lenta: dopo 5730 anni si riduce alla metà, dopo altri 5730 diventa un quarto e così via. Misurando dunque la quantità residua di carbonio radioattivo è possibile stabilire l’età di un reperto.
Per la datazione di un oggetto si ricorre all'analisi stratigrafica (fig. 57) ovvero allo studio del terreno in cui esso è stato rinvenuto.
Più antico è il reperto più si trova in basso. Lo studio degli altri oggetti e materiali venuti alla luce nello stesso strato può aiutare nel definirne l’epoca di appartenenza.
I paleoantropologi
Sono gli studiosi dell'evoluzione umana.
Archeozoologi
Studiano i reperti animali.
I paleoetnologi
Studiano l'evoluzione tecnologica dell'uomo preistorico attraverso resti materiali come manufatti e tracce sul terreno.
Durante il periodo dell'economia di prelievo l'uomo viveva di raccolta, si cibava di radici, frutta, bacche, tuberi, semi. Quando comincia a lavorare la pietra ( 2,4- 1,44 milioni di anni fa ), riesce a ricavare gli strumenti per tagliare a pezzi le carni degli animali. La caccia (ad esempio dei mammuth o dei cervi) e la pescacon le reti rimarranno comunque, accanto all'agricoltura e all'allevamento, importanti forme di sostentamento anche quando l'uomo diverrà sedentario. Per quanto riguarda la caccia, gli animali si facevano radunre gli animali in un unico luogo per essere poi catturati e macellati. Quando l'uomo ha cominciato a mangiare la carne ha introdotto nell'organismo umano proteine complesse che si metabolizzano più facilmente rispetto a quelle derivate da frutta e verdura: una dieta di 1/3 di proteine animali fornisce un maggiore apporto di calorie. L'attività della caccia, inoltre, favoriva il lavoro di gruppo e dunque la comunicazione e la cooperazione. Le interiora appena estratte erano morbide, calde, non avevano bisogno di essere cucinate. In Germania già 400.000 anni fa i cavalli selvatici venivano uccisi con le lance per essere mangiati.
Molto apprezzati erano i frutti, i gusci di nocciole, pistacchi, ghiande. Queste ultime erano messe in cestini intrecciati immersi nell'acqua corrente per eliminare l'amaro dell'acido tannico. In seguito, venivano seccate, tostate e macinate con i primi pestelli e mortai (fig.58).
Scavi archeologici hanno riportato alla luce in Aquitania noci risalenti a 8000 anni fa…
Molto apprezzato era anche il frutto della prugnola: quando veniva masticato, stimolava la salivazione e aveva un effetto dissetante.
I primi animali ad essere addomesticati sono state le pecore, le capre e i bovini. I progenitori di questi ultimi sono gli uri (fig.59) che fornivano grasso, carne, latte, pelli, ma anche corna, zoccoli, ossa per fare utensili. Servivano inoltre a trainare carretti e aratri. Erano macellati in età avanzata, quando non servivano più per lavorare: la loro carne veniva cotta lentamente nel brodo per spezzarne i nervi.
I maiali discendono dai cinghiali, i quali dapprima venivano cacciati per poi essere addomesticati.
Per quanto riguarda la pesca si raccoglievano frutti di mare e si catturavano i pesci che nuotavano nelle acque basse vicino alla riva. Nel sud-est asiatico sono stati rinvenuti scheletri di pesci ed ami realizzati con conchiglie, risalenti a 16.000- 20.000 anni fa. Inoltre, abbiamo notizie che già 11.500 anni fa nel Nord America si pescava il salmone.
All'inizio l'uomo primitivo mangiava i semi raccolti di cui conservava una parte in fosse o vasi come provviste per i mesi invernali. Notò poi che dai semi sparsi crescevano le piante e, dunque, iniziò a tracciare i solchi su cui seminare. L’operazione della selezione dei semi e quella della semina erano a cura delle donne. Tra i primi legumi coltivati ricordiamo le lenticchie (ne sono state rinvenute alcune nella Turchia orientale risalenti al 7000 a.C.). L'invenzione dell'aratro (IV- V millennio a.C.), dell'ascia, del falcetto e della zappa nell’età dei metalli, ha portato significativi miglioramenti nel campo dell'agricoltura.
I primi uomini faticavano a digerire il latte perché mancavano di un enzima (lattasi) necessario a degradare il lattosio e a digerire il latte: solo i neonati riuscivano a riprodurlo; in seguito, con la crescita, questa capacità andava perduta. Probabilmente col passare del tempo ci sono state persone portatrici di un gene mutante che conferiva all’organismo la capacità di digerire il latte. L'incrocio tra questi individui ed altri intolleranti al lattosio ha portato ad un cambiamento all’interno delle comunità per cui un maggior numero di individui ha iniziato a essere tollerante al lattosio.
Per quanto riguarda le uova, all’inizio si mangiavano quelle sottratte agli uccelli selvatici, in seguito si è riusciti ad ottenerle da quelli addomesticati.
Molto ricercato era anche il miele che veniva sottratto alle arnie dopo averle affumicate così da non correre il rischio di essere punti dalle api.
Il pasto di Ötzi
Il ritrovamento della mummia Ötzi (fig. 60 e 61) è avvenuto il 19 settembre 1991 in Alto Adige, in prossimità del confine austro-italiano, ai piedi del ghiacciaio del Similaun. Si tratta di un uomo mummificato risalente al 3.300 a.C. (età del Rame).
Questa scoperta è stata fondamentale per conoscere l'alimentazione del periodo: nell'intestino sono stati ritrovati resti di cereali, carne di cervo e carne di stambecco cacciati con l'arco e le frecce di cui era munito l'uomo. Ecco allora il menù di Ötzi (vedi sezione) elaborato dall'Istituto di ricerca Eurac (con sede a Bolzano) che si occupa dello studio della mummia. Tracce di carbone rinvenute all'interno dell'intestino rivelano come le carni dei due animali fossero state cotte per poterle conservare meglio durante il viaggio. La felce cruda serviva come medicamento per problemi intestinali, così come anche i funghi: alle analisi effettuate è risultato come l'uomo soffrisse di problemi intestinali.
La cottura dei cibi
Durante il Paleolitico l'uomo scopre come addomesticare il fuoco ed inizia ad applicare come arma per difendersi dagli animali, per illuminare le caverne, per riscaldarsi e per cuocere i cibi. La cottura degli alimenti apporta miglioramenti alla sua alimentazione: gli ossi divengono più morbidi, le fibre di carne e le radici possono essere macerati e, inoltre, diminuisce il numero di ore giornaliere dedicate alla preparazione dei pasti. La gestione del focolare è affidata alle donne. La carne veniva infilzata su spiedi di legno e cotta vicino al fuoco oppure si cuoceva su pietre piatte scaldate sulle braci. Quando l'uomo diviene stanziale costruisce i primi forni scavando nella terra e cuoce il cibo con braci arroventate il cui calore era controllato gettandoci sopra del terreno. L'utilizzo di recipienti in ceramica, adatti per la cottura a fuoco lento, insieme a quello dei tegami in metallo, ha dato un notevole contributo alle prime tecniche culinarie.
La preistoria ha ispirato alcuni film: tra questi ho scelto di trattare La guerra del fuoco di Jean Jacques Annaud del 1981, tratto dall’omonimo romanzo del 1911 di J. H. Rosny aîné, una storia “on the road” con protagonisti i nostri progenitori. La pellicola ha richiesto ben quattro anni di preparazione e uno per la lavorazione. Tra il team di esperti che hanno collaborato alla sua realizzazione figurano etnologi e perfino lo scrittore A.Burgess che aveva l'incarico di supervisionare l'addestramento fisico e mimico di oltre 150 attori. Annaud ha seguito come criterio fondamentale quello di cercare di riprodurre il più realisticamente possibile l'epoca dei nostri primi avi: agli uomini è stato dato dunque un aspetto scimmiesco, gli elefanti sono stati ricoperti di pellicce per renderli simili ai mammuth e ai leoni sono state aggiunte zanne finte. L'introduzione del film recita: «80.000 anni fa, la sopravvivenza degli uomini nelle immense distese inesplorate dipendeva dal possesso del fuoco. Per quegli esseri primitivi, il fuoco rimase un oggetto misterioso fino a quando non impararono a crearlo. Il fuoco doveva essere rubato alla natura, mantenuto in vita, protetto da vento e pioggia, difeso dai nemici. Il fuoco divenne simbolo di potere e sinonimo di sopravvivenza. Coloro che possedevano il fuoco, possedevano la vita.». Il fuoco serviva a cuocere il cibo (fig. 62),riscaldarsi (fig.63), difendersi dagli animali (fig.64), fabbricare armi (fig.65). Chi lo possedeva, aveva il potere (fig.66).
La trama del film è la seguente: attorno agli 80.000 anni fa un gruppo di uomini di Neanderthal viene attaccato da uomini Erectus che hanno la meglio (fig.67).
Nella fuga i Neanderthal fanno finire in acqua la riserva di fuoco. Si rifugiano in una palude (fig.68) e inviano una spedizione di tre guerrieri a recuperarlo per poi custodirlo in una teca (fig.69).
Nella pellicola predominano i paesaggi su campi lunghi (fig.70) al fine di dare l’idea dell’atmosfera selvaggia in cui si muovevano i nostri progenitori.
I protagonisti vivono mirabolanti avventure: affrontano leoni (fig.71 e 72), cannibali (fig.73), riescono a fuggire a questi ultimi grazie all’aiuto di un branco di mammuth (fig.74 e 75).
La scoperta di un villaggio di capanne (fig.76), è per loro inedita in quanto la tribù di provenienza viveva ancora nelle grotte.
Frequentandone gli abitanti imparano come il fuoco possa essere prodotto dallo sfregamento di bastoncini (fig.77 e 78).
Il gruppo, dunque, apprende cose nuove e progredisce proprio perché si allontana dalla tribù e vive dei cambiamenti. Quando verrà attaccato sconfiggerà i nemici con l'uso delle lance (fig.79). Al rientro nella loro comunità, i nostri insegneranno come si accende il fuoco con i bastoncini di legno (fig.80).
Tra i premi vinti ricordiamo:
Oscar 1983 al miglior trucco;
Premi César 1982 per il miglior film e miglior regista;
Genie Awards 1983 per costumi, suono, attrice principale.
In questa rubrica suggerisco alcuni itinerari di visita con tema la Preistoria.
Primo itinerario : Parco nazionale delle incisioni rupestri di Naquane e il MUPRE siti a Capo di Ponte (Brescia )
In questo primo itinerario (foto 1) andremo alla scoperta dei meravigliosi petroglifi, ovvero incisioni su rocce particolari, realizzate tra il Paleolitico e l’età dei metalli. Il parcheggio del parco di Naquane dista circa un quarto d’ora piedi dall’ingresso. La strada per arrivare é in salita con gradini.
Il costo del biglietto è di 6 €per adulto, 2 € per ragazzi dai 18 ai 25 anni, i minori di 18 anni non pagano. La visita completa dura circa tre ore e si compone di quattro percorsi. La visita guidata (dura un’ora circa) costa 9 £ a persona, ma i bambini non pagano (foto 2 e foto 3).
Chi sceglie di visitare il luogo in autonomia può comunque usufruire della lettura di pannelli esplicativi (foto 4).
Consiglio ai Culturnauti di usufruire della visita guidata perché permette di conoscere curiosità e particolari riguardo le incisioni più importanti. Il parco è stato istituito nel 1955: la sua peculiarità è il connubio tra arte, storia e natura. Sorto attorno ad aree già abitate, esso ha come custodi i proprietari delle case costruite in loco prima della sua apertura. Tra le incisioni più importanti ci sono gli oranti (vedi arte nella Preistoria) (foto 5), scene di danza e caccia (foto 6 e 7), le orme (foto 8), forse queste ultime simboleggianti il possesso del territorio.
Ci sono poi figure di cervi (foto 9), animali considerati “magici” dagli autoctoni perché perdevano le corna in inverno per poi riaverle rigogliose in primavera.
C’è poi il labirinto (foto 10), che allude probabilmente ai riti di iniziazione, e le famose “palette” (foto 11) il cui significato rimane ancora oscuro.
Ricordiamo ancora il carro con quattro ruote trainato da animali visti in prospettiva (foto 12 e foto 13).
Ci sono strane costruzioni (foto 14, 15 e 16) forse luoghi di culto immaginari o granai. Altri protagonisti sono gli uri (bovini estinti) (foto 17 e 18).
Il filo conduttore di tutte le immagini è, dunque, la rappresentazione della vita quotidiana e delle credenze religiose dell’epoca. La bellezza di questo luogo incontaminato si accentua il giorno del solstizio di primavera quando i raggi del sole illuminano le fenditure dei monti in lontananza (foto 19) conferendo al paesaggio un’aura quasi magica.
Per la pausa pranzo consiglio il ristorante Hotel Park Graffiti (foto 20): se si vuole mangiare roba portata da casa, pagando 2, 50 euro è possibile usufruire di un tavolo (foto 21 e 22).
L’itinerario prosegue con il MUPRE (Museo Nazionale della Preistoria della Valcamonica) (foto 23), sito nel centro storico di Capo di Ponte, distante pochi chilometri dal ristorante.
La struttura è aperta nel periodo estivo dalle 14 alle 18 il venerdì, il sabato e la domenica. Se si presenta il biglietto di ingresso del Parco di Naquane, la visita è gratuita. Il percorso dura circa un’ora e mezza e si distribuisce su due piani. All’ interno è possibile ammirare menhir istoriati con raffigurazioni di cervi (foto 24), motivi decorativi spiraliformi (foto 25), frammenti di oggetti(foto 26,27), armi (foto 28), resti di animali (foto 29,30).
Oltre alla possibilità di avere a disposizione una guida su prenotazione, ci sono pannelli e touchscreen con spiegazioni esaustive e approfondimenti anche interattivi che guidano il percorso del visitatore (foto 31 e 32).
Secondo itinerario: Museo Civico Archeologico Rambotti in Desenzano del Garda (BS)
Il Museo (foto 33) è aperto tutti i giorni, tranne il lunedì e il mercoledì, dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 19. La struttura prende il nome dal celebre studioso collezionista di reperti provenienti da villaggi palafitticoli di Polada, siti a Lonato (Bs).
La visita dura circa un paio di ore. Il biglietto intero costa 6 euro per gli adulti, ridotto 4 euro, è gratuito per i residenti. È conosciuto sul territorio soprattutto per le attività didattiche rivolte alle scuole. Durante il percorso è da ammirare il cranio del bisonte del Crociale di Manerba del Garda (foto 34) risalente a 17.500 anni fa, antenato del bisonte europeo.
Successivamente sono visibili reperti rinvenuti nel Lavagnone, uno dei più importanti siti archeologici dell’Italia Settentrionale che occupava un’area compresa tra Desenzano e Lonato (BS). Tra questi ricordiamo il famoso aratro (foto 35 e 36), risalente agli inizi dell’età del Bronzo (circa 2000 a.C.), il più antico del mondo.
Proseguendo sono visibili ricostruzioni del villaggio palafitticolo sempre della zona del Lavagnone (foto 37) risalente all’età del Bronzo.
Tra i resti rinvenuti spicca un grande boccale (foto 38), vasellame (foto 39), ami e punte di frecce (foto 40 e 41), gusci (foto 42). Recentemente è stata aggiunta alla collezione una piroga restaurata (foto 43).
Proseguendo la visita ci si può immergere in uno spaccato di vita quotidiana di 4.000 anni fa entrando all’interno della ricostruzione di una palafitta: ecco allora pelli e pellicce di animali, recipienti contenenti cereali e farina, tessuti, giacigli, etc. (foto 44).
Molto interessante è la sezione dedicata ai gioielli di ambra e alla ricostruzione di un antico telaio. Infine, ricordiamo manufatti recanti incisioni decorative di forma geometrica (foto 45). I fregi di uno in particolare, ricordano in maniera molto schematica le acque del lago e i profili delle montagne (è una mia ipotesi) (foto 46).
Per ristorarsi suggerisco un aperitivo vista lago presso il club nautico La Fraglia Vela, a pochi passi dal museo (foto 47 e 48).
Terzo itinerario: Museo Archeologico dell’Alto Adige sito in Bolzano
Il Museo si colloca nel centro storico di Bolzano. È consigliabile la prenotazione gratuita on line. Il costo del biglietto è di 13 euro, ridotto 10 euro. È aperto dal martedì alla domenica dalle 10 alle 18. Prima di arrivare al Museo consiglio di fare una passeggiata nel centro di Bolzano (foto 49,50,51,52) e per la pausa pranzo è ottimo il ristorante pizzeria birreria Paulaner Stuber per mangiare ottimi hamburger con patatine (foto 53,54,55,56,57).
Il Museo (foto 58) si articola su quattro piani. Purtroppo, salvo rare eccezioni, è vietato scattare fotografie.
All’ingresso sono presenti pannelli con linee del tempo per aiutare il visitatore ad orientarsi nella storia e a capire la portata della scoperta della mummia di Ötzi, risalente all’età del Rame (3.350-3.120 a.C.), punta di diamante del Museo. Il corpo è stato ritrovato casualmente il 19 settembre 1991 nei ghiacci tra l’Alto Adige e l’Austria (foto 59) da Erika e Helmut Simon, coniugi di Norimberga, i quali all’inizio pensavano si trattasse del cadavere di un alpinista scomparso diversi anni prima sulle Ötztaler Alpen.
Il ghiacciaio ha conservato nel corso dei millenni non solo il corpo ma anche gli abiti, le calzature, le armi e gli utensili che lo accompagnavano (foto 60).
L’ uomo è rimasto in una conca rocciosa naturale rimanendo così protetto dai movimenti del ghiacciaio che altrimenti lo avrebbe trascinato a valle. Nel percorso si possono ammirare all’interno delle teche tutti gli oggetti portati alla luce dal ritrovamento nonché i risultati delle indagini archeologiche, botaniche, mediche, forensi e antropologiche. Il corpo di Ötzi è costellato di tatuaggi (foto 61), tra i più antichi conosciuti al mondo: la pelle è stata bucata con un ago di osso o con una lama in selce per tracciare i punti delle articolazioni su cui intervenire con una sorta di agopuntura (probabilmente soffriva di artrite).
Negli escrementi sono state trovate uova di verme tricocefalo che causa mal di pancia cronico. Tutto ciò è illustrato da pannelli esplicativi e filmati anche interattivi. Purtroppo, la mummia è visibile solo attraverso un oblò che si affaccia sulla cella frigorifera in cui è custodita (viene fatta uscire per una ventina di minuti ogni anno o ogni anno e mezzo). Ancora oggi Ötzi è circondato da un’aura di mistero: era un cacciatore, un mercante, un guerriero, un guaritore, un pastore o uno sciamano???? Perché si trovava tra i ghiacci di Similaun? Molto divertente (e anche interessante) è la sezione che tratta le varie ipotesi sulla morte dell’uomo, assimilandole ad uno dei primi casi criminali conosciuti della storia dell’umanità: nel 2001 grazie a moderne tecniche radiografiche si è scoperta la punta di una freccia conficcata nella spalla sinistra. Dunque, Ötzi è stato colpito da dietro a tradimento, motivo per cui si può parlare di un vero e proprio omicidio! Ho trovato molto simpatica la trovata di fornire il visitatore di una matita e di un foglio per permettergli di scrivere la sua personale ipotesi sui motivi per cui l’uomo è stato assassinato. Devo dire che alcune teorie sono veramente esilaranti! (foto 62 e 63).
La visita non può prescindere da una foto con la silhouette che riproduce la ricostruzione della mummia più famosa del mondo (foto 65). Il percorso prosegue poi con altre sale che illustrano numerosi reperti dell’epoca. Per i ragazzi sono disponibili varie attività didattiche alla scoperta dell’età del Rame, allestite al piano terra.
Il menù di Ötzi è stato tratto dal testo (apportandovi alcune modifiche) di V.Franklin e A. Johnson Menus that made History Edizioni Kyle Books, 2019
Libro consigliato:
Per le unità di apprendimento sulla Preistoria:
Verso una nuova Rivoluzione agricola di Rossella Carpentieri contenuta nel testo Storia di ieri, mondo di oggi Corso di Storia antica e medievale di F. Cioffi e A. Cristofori Edizioni Loescher, 2022.
Sitografia per immagini
Fig.1 https://en.wikipedia.org/wiki/Ardi#/media/File:Ardipithecus_ramidus,_artistic_reconstruction.jpg
Fig.02 https://en.wikipedia.org/wiki/Great_Rift_Valley#/media/File:MapGreatRiftValley.png
Fig. 03 https://idouble.it/pikaia/le-orme-fossili-di-laetoli/
Fig.05 https://www.modernhumanorigins.com/wp-content/uploads/2020/10/australopithecus-africanus-img-new.jpg
Fig. 06 http://www.enciclopedino.it/Homo.asp?identificativo=Homo%20ergaster
Fig. 07 https://www.hominides.com/hominides/turkana-boy/
Fig.08 https://it.wikipedia.org/wiki/Ciampate_del_Diavolo#/media/File:Ciampate_del_diavolo_3.jpg
Fig.09 https://joomlafap2.altervista.org/joomla/seconde/evoluzione-umana/l-uomo-di-neanderthal.html
Fig. 10 https://www.vanillamagazine.it/i-neanderthal-della-grotta-shanidar-furono-davvero-sepolti/
Fig. 11 https://essereumani.org/progetto/homosapiens/
Fig. 12 https://stonemusic.it/41020/qual-e-lo-strumento-musicale-piu-antico-del-mondo/
Fig. 14 https://www.pinterest.it/pin/306878162103421373/
Fig.16 https://www.viaggioinbaule.it/grotta-chauvet-le-pitture-piu-antiche/
Fig.18 https://twitter.com/pmo_w/status/1474658370644856834
Fig. 19 https://iltempiodelsapere.blogspot.com/2016/12/la-grotta-preistorica-di-lascaux.html
Fig. 20 https://www.paleodrawing.it/tag/lascaux/
Fig. 21 https://modulo.net/en/realizzazioni/lascaux-iv-the-international-centre-for-cave-art#group-1
Fig.22 https://it.wikipedia.org/wiki/Grotte_di_Lascaux#/media/File:Lascaux_painting.jpg
Fig. 23 https://www.studiarapido.it/le-grotte-di-lascaux-pitture-parietali/
Fig.24 https://sites.google.com/site/261113ruizadrian2/argomenti-del-corso/multimedia/mappa-del-scavo
Fig. 25 https://www.blogvacanza.com/2012/04/13/grotte-altamira/
Fig. 26 https://fashionfortravel.com/la-verita-sulle-grotte-di-altamira-in-cantabria/
Fig. 28 https://www.iipp.it/museo-di-archeologia-ligure-3/
Fig. 30 https://www.analisidellopera.it/venere-di-brassempouy/
Fig. 32 https://www.educazioneartistica.com/disegno-e-decorazione-di-un-vaso-neolitico/
Fig. 33 https://www.tornioaroma.it/blog/tecnica-a-colombino
Fig. 34 https://hobbyceramica.com/lezioni/lezioni-il-tornio-brocca.html
Fig.35 https://shironeko65.tumblr.com/post/103721955158/vaso-dimini-4800-4500-ac-autore-ignoto-
Fig.36 https://it.wikipedia.org/wiki/Incisioni_rupestri_della_Val_Camonica
Fig. 37 https://inchiostrovirtuale.it/pitoti-naquane-origini-neolitiche-graffitari/
Fig. 38 https://museilombardia.cultura.gov.it/musei/parco-nazionale-delle-incisioni-rupestri/
Fig. 41 e 42 https://www.artesvelata.it/graffiti-haring/
Fig.43 https://www.blendspace.com/lessons/OcpbiXZz1dIU4Q/the-large-solid-objects-of-carnac
Fig. 44-45-46 Foto di proprietà dell’autrice
Fig. 47 https://www.viaggiamonellastoria-travelblog.com/2018/05/i-meravigliosi-dolmen-della-puglia.html
Fig. 48 https://www.dafavola.it/nuove-ipotesi-sul-sito-neolitico-di-stonehenge/
Fig. 49 https://www.studentville.it/appunti/stonehenge/
Fig. 50 https://www.informazionequotidiana.it/i-misteri-di-stonehenge/
Fig.51 http://arthistoryresources.net/stonehenge/stonehenge.html
Fig. 52 https://www.pinterest.it/pin/574560864940924826/
Fig.53 https://www.istitutogalanteoliva.it/magazine/2020/10/25/su-nuraxi-il-complesso-nuragico-di-barumini/
Fig. 54 https://www.artesvelata.it/civilta-nuragica-giganti-monte-prama/
Fig. 57 https://www.archeokids.it/interfacce-si-vedono-o-si-fanno/
Fig. 59 https://eo.wikipedia.org/wiki/Uro#/media/Dosiero:Ur-painting.jpg
Fig. 61 https://www.tusoperator.it/gite-fuori-porta/bolzano-cosa-vedere/
Le immagini della rubrica Culturnauti in viaggio sono state scattate dall’autrice del sito fatta eccezione per quelle riguardanti l’interno del Museo Archeologico dell’Alto Adige.
Per Museo Archeologico Alto Adige (rubrica Culturnauti in viaggio):
https://www.giornaletrentino.it/cronaca/trento/%C3%B6tzi-vittima-della-frana-astrale-1.984958
https://www.focus.it/cultura/storia/tutti-i-tatuaggi-di-tzi-e-sono-61
Per foto Menu storico di Ötzi
Titolo | Descrizione |
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Altamira | Regista: H.Hudson (2016) La pellicola racconta la vicenda del ritrovamento di Altamira e le polemiche che ne sono derivate. |