La prima fase dell'arte greca è conosciuta col nome di medioevo ellenico o periodo di formazione. Esso inizia con il crollo della civiltà micenea e finisce con la seconda colonizzazione. Le testimonianze dell’epoca consistono soprattutto in vasi di ceramica realizzati col tornio. L'argilla era prima depurata da resti vegetali e altre scorie, ripulita in grandi vasche d'acqua e, infine, lavorata al tornio. Le anse erano realizzate a parte. Dopo una prima essiccazione all'aria, la cottura avveniva in una fornace di mattoni: nella parte superiore c'erano i vasi mentre nel livello inferiore bruciava la legna. La prima cottura si eseguiva con il foro di aerazione aperto: introducendo l'ossigeno il vaso diveniva impermeabile e la superficie diventava color rosso brillante. Durante la seconda fase il foro era chiuso così da annerire sia il fondo che la decorazione. Nell'ultima fase il foro veniva riaperto: grazie all'ossigeno il fondo ritornava rosso brillante e la vernice rimaneva nera. Dopo la cottura si procedeva col rifinire i particolari. Il manufatto era il prodotto del lavoro di due categorie di artigiani: il vasaio vero e proprio e il ceramografo (pittore di vasi), mestiere che spesso era svolto dalle donne. C’erano diverse tipologie di vasi: quelli destinati al trasporto di liquidi e granaglie, come ad esempio le anfore, quelli destinati ai rituali e ai banchetti (come, per esempio, la kylix e lo skyphos) (vedi lezione Antica Grecia Alimentazione e sport) e infine quelli da toeletta, gli aryballoi (fig.01).
Tra i manufatti più noti risalenti al medioevo ellenico ricordiamo: l'anfora del Dipylon del lamento funebre (760- 750 a.C.) Atene Museo Archeologico Nazionale (fig.02) rinvenuta nella necropoli della Porta Dipylon ad Atene. Il vaso è alto circa 155 cm e stava a segnalare la presenza di una tomba; serviva inoltre a contenere le offerte per il defunto, in questo caso probabilmente una donna. La maggior parte delle decorazioni a carattere geometrico che caratterizzano le fasce sovrapposte sono: losanghe, meandri, triangoli. La vernice è di color nero bruno su un fondo giallognolo. All'altezza delle anse si colloca la scena principale, quella della pròthesis, ovvero l'esposizione del defunto steso su un letto, pianto e circondato dai propri cari (fig.03). I personaggi sono resi in maniera fortemente schematica: sulla destra la figura di dimensioni più piccole probabilmente è un bambino; sotto il letto del defunto sono presenti due donne inginocchiate e due uomini seduti: ciò è dovuto alla mancanza di prospettiva perché la loro posizione in realtà è antistante. I personaggi si portano le mani alla testa in segno di disperazione.
Ricordiamo ancora l’Olpe Chigi (646-630 a.C.) (Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia) (fig.04), manufatto rinvenuto in una tomba etrusca a Veio nel 1882. L'opera faceva parte di un corredo funerario e rivela uno stile orientalizzante, un nuovo linguaggio che si irradia dalla città di Corinto e che tende a sostituire le forme geometriche soprattutto con figure di animali. Questi ultimi, infatti, insieme agli uomini, sono protagonisti della decorazione e si inseriscono in fasce orizzontali. I colori utilizzati sono il rosso, il nero e il bianco. Nella fascia superiore assistiamo ad un combattimento tra due falangi oplitiche, una delle quali è guidata da un suonatore di flauto (vedi lezione Antica Grecia Un po’ di storia). Figurano poi una caccia al leone (con quattro personaggi più un caduto) (fig.05) e il giudizio di Paride. I particolari sono resi con estremo realismo. Secondo recenti interpretazioni le varie scene si riferirebbero a imprese compiute dal medesimo protagonista (la caccia, la guerra) mentre il giudizio di Paride alluderebbe proprio alla causa del famoso conflitto bellico.
Al repertorio tardo geometrico appartiene il famoso vaso del pittore di Polifemo (670- 660 a.C.) Eleusi Museo Archeologico (fig.06) di produzione attica, in cui é raffigurato l'episodio dell’accecamento di Polifemo. Ulisse è caratterizzato da una carnagione pallida per evidenziarne il ruolo di protagonista; il guerriero a sinistra sembra puntellarsi alla parete per poter spingere con più forza il palo dentro l'occhio del mostruoso gigante. È visibile, inoltre, la coppa che ha causato l'ubriacatura del ciclope e, di conseguenza, il suo sonno profondo.
All'VIII secolo a.C. risale l'età arcaica, durante la quale compito dell’artista diviene la ricerca dell’equilibrio e della perfezione, ovvero dell’”idea” che si cela dietro ogni forma. Nasce in questo periodo il tempio (fig.07), edificio in cui viene collocata la statua della divinità, ma non vi vengono celebrati i riti religiosi che, invece, si svolgono nell’area esterna. In origine era in mattoni con colonne di legno, successivamente è stato costruito in pietra a partire dal VI secolo a.C. La sua forma deriva dal mègaron miceneo (vedi lezione civiltà micenea). Fondamentalmente il tempio greco si compone del naos (la cella interna ove era custodita la statua del dio, illuminata solo dai bracieri, talvolta da aperture sul soffitto) con davanti un atrio (prònaos). In alcuni templi è presente l’opistodomo, una struttura retrostante simmetrica al pronao ma senza accesso al naos (fig.08). Tutto il complesso prevedeva la presenza di colonne anche disposte su file doppie. All'interno erano ammessi solo i sacerdoti dal momento che i riti si svolgevano all’esterno. La pianta rettangolare era orientata verso est dove sorge il sole.
In base alla distribuzione delle colonne e al loro numero i templi si distinguevano in diverse tipologie (fig.09):
- in àntis: i lati maggiori del naos si prolungano e il pronao ha due pilastri quadrangolari;
-doppiamente in àntis: i prolungamenti con pilastri sono presenti in corrispondenza dell’opistodomo e del pronao;
-pròstilo (pro= davanti e stylos= colonna): il pronao ha 4 colonne e assume la funzione di porticato;
- anfiypròstilo (amphi=da ambo i lati): il porticato è presente anche sul retro dove c'è l’opistodomo;
-perìptero: è circondato da colonne per tutto il perimetro;
-dìptero: la peristasi è raddoppiata;
- a tholos: a pianta circolare.
Un tempio si classifica anche in base al numero delle colonne presenti sulla facciata (ad esempio tetrastilo= con quattro colonne, esastilo= con sei colonne). Esse sono sempre in numero pari; quelle sui lati lunghi devono essere il doppio più una rispetto a quelle della facciata. L'unità di misura rispetto alla quale tutti gli altri elementi architettonici dovevano essere multipli ad esso proporzionati corrispondeva al diametro della colonna nella sua parte più bassa. Originariamente le colonne erano bianche mentre le decorazioni scultoree che lo adornavano erano di colore rosso e azzurro, in modo da conferire alla struttura architettonica un senso di grandiosità e per essere visibili da lontano (fig.10). Le colonne angolari avevano un diametro maggiore rispetto alle altre al fine di evitare di sembrare più sottili a causa di un effetto ottico.
Ordine dorico
Il termine ordine indica una successione ordinata di elementi che caratterizzano i templi greci: base, colonna, capitello, architrave e fregio. L'ordine più antico è quello dorico (fig.11) diffuso dai Dori nel Peloponneso a partire dal VII secolo a.C. La colonna poggia direttamente sullo stilobate essendo priva di una base; é rastremata (progressivamente meno spessa) verso l'alto e si caratterizza per una serie di scanalature, è sormontata da un capitello formato da un echìno, una sorta di cuscino circolare, con sopra l'àbaco (lastra quadrangolare). La trabeazione sopra il capitello prevedeva un architrave liscio con sopra il fregio caratterizzato da mètope (lastre quadrate decorate con bassorilievi) e triglìfi (lastre rettangolari con scanalature verticali). Per equilibrare la sensazione di assottigliamento, avvertito quando la si osserva ad una certa distanza, la colonna presenta un rigonfiamento (entasi) a circa 1/3 della sua altezza. L'ordine dorico comunica allo spettatore una sensazione di maestosità ottenuta attraverso linee sobrie e semplici. Il gioco del chiaroscuro che caratterizza le scanalature delle colonne prepara alla parte superiore del tempio in cui si alternano linee orizzontali e verticali animate dalla decorazione delle mètope. Il tetto dei templi é a doppio spiovente, rivestito da tegole in terracotta. Sulla trabeazione si colloca il frontone di forma triangolare che comprende il timpano. Tutto è perfettamente ordinato.
Tra i templi dorici più antichi ricordiamo l’Heraion di Olimpia (VII-VI sec. a.C.) (fig.12), periptero, esastilo. Originariamente le colonne erano state realizzate in legno (come testimonia Pausania nel secondo secolo d.C.) e man mano che marcivano sono state sostituite in pietra. Sappiamo che il tempio custodiva le corone di ulivo con cui veniva cinto il capo dei vincitori delle Olimpiadi (vedi lezione Antica Grecia Alimentazione e sport).
Altri esempi di architettura dorica sono il tempio di Poseidonia sito nell'odierna Paestum, colonia della Magna Grecia fondata dagli abitanti di Sibari. Il complesso si compone di tre edifici: la basilica, il tempio di Atena, il tempio di Nettuno. La basilica risale al 560 a.C., è un tempio periptero ennastilo (nove colonne sulla facciata) ed è stato erroneamente creduto per secoli un edificio civile. Probabilmente era dedicato alla dea Atena, così come il tempio di Nettuno (560 a.C) (fig.13). Tale ipotesi è suffragata dalla presenza di graffiti ed iscrizioni rinvenuti nelle vicinanze. È periptero esastilo. Le colonne, rispetto allo stile dorico, sono più slanciate e hanno 24 scanalature anziché le tradizionali 20: il fine era quello di costruire un rapporto più armonico tra le varie parti che componevano il tempio. Ricordiamo ancora il tempio di Atena (500 a.C.) (fig.14) periptero esastilo (per alcuni dedicato a Cerere). Nel 1988 Paestum è entrata a far parte del patrimonio dell'Unesco.
L’ordine ionico
L’ordine ionico si diffonde nel VII secolo a.C. Il termine ionico deriva da ioni, le stirpi greche che hanno colonizzato l'Asia minore. La colonna non poggia direttamente sullo stilobate ma sui tori (sporgenze) e su un elemento cilindrico dal profilo concavo detto scozia (fig.15). Le scanalature sono 24 e si caratterizzano per avere gli spigoli arrotondati (non sono più ad angolo vivo).
L’echìno é decorato con ovuli (fig.16) mentre l'architrave ha tre fasce sormontate da un fregio continuo privo di mètope e triglifi (fig.17). Il capitello presenta delle spirali simmetriche dette volute (fig.18), probabilmente di ispirazione orientale. La caratteristica principale dell'ordine ionico è che i passaggi chiaroscurali sono graduali e all'austerità del capitello dorico oppone l'eleganza di una morbida linea curva.
Un esempio di tempio ionico é l'Artemision di Efeso (fig.19) in Asia minore e il tesoro dei Sifni a Delphi (VI secolo a.C.) (vedi sitografia) (fig.20), un tempietto collocato all'interno del santuario dell'oracolo di Apollo.
Ordine Corinzio
L’ordine corinzio si sviluppa a partire dal V secolo a.C., ma raggiunge il suo apice durante l’epoca romana imperiale. Rispetto all'ordine ionico presenta un capitello ancora più elaborato di forma troncoconica (kalathos), caratterizzato da 2 corone di 8 foglie che ricordano la pianta dell’àcanto. Tra le foglie ci sono degli steli che terminano in volute (fig.21). Secondo la leggenda riportata da Vitruvio (vedi sitografia), è stato lo scultore Callimaco a disegnare per primo questo elemento architettonico, ispirandosi ad un alto cesto intrecciato che era stato posto sulla tomba di una fanciulla defunta di Corinto per raccogliere le offerte in suo onore. Il cesto era avvolto da un folto cespuglio di àcanto.
Le fasi della statuaria in epoca arcaica sono tre: dorica, ionica attica. Alla fase dorica risalgono le due statue di kouroi (singolare kouros), giovani maschi nudi in piedi, dal nome di Kleobi e Bitone (610- 590 a.C.) Delphi Museo Archeologico (fig.22). Secondo la leggenda i due fratelli avrebbero trainato per un percorso di 80 km, fino alla città di Argo, un carro privo di buoi che trasportava la loro madre, sacerdotessa al tempio di Era. La dea, ammirata dal gesto, concesse loro l'immortalità e li fece addormentare per sempre all'interno del suo tempio. Le due statue si rifanno palesemente alla statuaria egizia (vedi lezione Antico Egitto paragrafo Arte) per il fatto di essere rappresentati stanti, col volto visto frontalmente e le braccia distese lungo i fianchi e con i pugni chiusi (caratteristica di tutti i kouroi). Inoltre, essi sembrano essere ripresi mentre stanno avanzando: la gamba destra, infatti, è arretrata rispetto alla sinistra. Le due sculture sono perfettamente simmetriche; sono nude perché nell'antica Grecia la perfezione del corpo rifletteva quella dello spirito (vedi lezione Antichi Greci Alimentazione e sport), tuttavia i particolari anatomici sono resi in maniera molto schematica: basti osservare i muscoli addominali e le braccia più corte del normale. La testa è circa 1/7 dell'altezza. I capelli sono pettinati in treccine legate con due nastri annodati dietro il capo. Il volto sembra quasi contemplare il divino. Trionfa la staticità, l'immobilità e l'esaltazione della figura umana tesa verso la perfezione. I corpi danno l’idea della rigidità e della possenza.
Un esempio di scultura ionica é l'Hera di Samo (570-560 a.C.) Museo del Louvre (fig.23). Questa tipologia detta kore si diffonde a partire dal VII secolo a.C. soprattutto nelle isole (Samo, Chio, etc.). Kouroi e korai segnalavano le tombe di giovani morti nel fiore degli anni. Le sculture erano accompagnate da epigrammi (vedi sitografia). L’Hera di Samo è una statua acefala (rinvenuta cioè priva della testa) che non rappresenta la dea Era, bensì una sua offerente: si tratta, dunque, di un ex voto per il santuario a lei dedicato. La figura veste una tunica di lino, che arriva fino ai piedi, caratterizzata da pieghe che creano un morbido gioco chiaroscurale. Il busto è avvolto dall’himation (uno spesso mantello di lana); un velo le scende dalle spalle fino alla cintura. Un braccio è disteso lungo i fianchi mentre con l'altro portava al petto un oggetto, probabilmente l'offerta. La plissettatura delle vesti rimanda alle scanalature di una colonna. Le dita dei piedi sporgono dalla veste. La statua, rinvenuta nel tempio di Era nell'isola ionica di Samo nel 1875, si caratterizza anche per il fatto che per la prima volta le vesti lasciano scoperte alcune parti del corpo.
Il Moskòphoros di Atene (570- 560 a.C) Museo dell'Acropoli (fig.24), di stile attico, é stato rinvenuto nella colmata persiana (vedi sitografia). Il nome di questa scultura significa letteralmente “portatore di vitello”: rappresenta infatti un uomo che porta sulle spalle un vitello, probabilmente come offerta agli dèi. Le linee ci appaiono più morbide rispetto alle sculture precedenti, anche se l'incrocio tra le braccia dell'uomo e le zampe del vitello ci ricordano ancora una forte impostazione geometrica. La muscolatura dell'addome è messa in risalto. Il sorriso che caratterizza il volto, comune alla statuaria dell'epoca, secondo alcuni studiosi, tra i quali P. Adorno, simboleggerebbe la consapevolezza della superiorità di chi ha raggiunto la perfezione. Secondo altri, invece, si voleva così rappresentare la curvatura naturale della bocca. Una curiosità: non dobbiamo pensare che le statue greche, pur essendo state realizzate in marmo, fossero di colore bianco. Infatti, esse riportano tracce di colore rosso, blu, giallo e verde perché la policromia aveva lo scopo di conferire verosomiglianza alla figura.
Per quanto riguarda la statuaria templare ricordiamo le sculture che adornavano il frontone est del tempio di Aphaia a Egina (500-480 a.C.) (fig.25) in cui é rappresentato Eracle che, insieme agli eroi di Egina, ha condotto alla vittoria i Greci contro i Troiani durante una guerra che risale ad un’epoca più antica di quella narrata nell'Iliade. Atena é collocata al centro, in posizione frontale, è resa con dimensioni più grandi mentre i soldati si dispongono via via verso i lati esterni seguendo l'altezza decrescente del timpano fino ad arrivare alle due figure semi distese agli estremi. Il tempio è stato eretto dopo la battaglia di Salamina (vedi lezione Antica Grecia Un po’ di storia): le storie raffigurate vogliono dunque alludere alla sconfitta dei Persiani. Il movimento tende ad essere centripeto, cioè rimbalza dalla statua di Atena, posta in posizione centrale, verso i lati e dalle periferie si riconduce di nuovo al centro, tanto è vero che l'arciere sul lato destro, probabilmente Eracle, colpisce il guerriero morente (490-480 a.C.) (fig.26) Glyptothek Monaco di Baviera che si trova nella parte opposta della scena. Quest’ultimo sembra proteggersi dai colpi con lo scudo rotondo mentre cerca di rialzarsi facendo leva sulla spada impugnata con l’altra mano.
Il frontone est del tempio di Zeus a Olimpia (fig.27) è decorato con scene tratte dal mito di Pèlope e Ippodamia (vedi lezione Antica Grecia Il mito e la religione). In quello ovest sono raffigurate scene della Centauromachia (465-456 a.C.) Museo Olimpia (fig.28), realizzate col marmo di Paro. Al centro figura Apollo che è sceso sulla terra per stabilire l'ordine in seguito alla lotta tra Greci e centauri. Secondo il mito Piritoo aveva invitato i centauri al suo banchetto di nozze con Ippodamia. Questi ultimi, dopo essersi ubriacati, iniziano a molestare le donne e in più cercano di rapire la sposa. Piritoo riuscirà a sconfiggerli grazie all’aiuto di Teseo (vedi lezione Civiltà minoica) e dei Làpiti (un popolo leggendario che abitava nella Tessaglia). Il racconto ha valore allegorico perché in realtà vuole alludere al trionfo della ragione sul caos.
Apollo è collocato al centro del frontone e, con gesto a squadra, trasmette il movimento alle figure alla sua sinistra. Il suo viso (fig.29), di forma ovale, mostra i piani aggettanti della fronte e del naso insieme alle labbra carnose. La sua è l’imperturbabilità che contraddistingue gli dèi. Anche la sposa di Piritoo, Ippodamia, mostra tranquillità mentre lotta contro il centauro: cerca di divincolarsi, ma allo stesso tempo li assesta una gomitata sul volto e lo fa contrarre per il dolore (fig.30).
Sulle mètope sono rappresentate le fatiche di Eracle: nella pulizia delle stalle di Augia (museo di Olimpia) (fig.31), Atena appare sulla destra mentre ordina il lavoro a Eracle sulla sinistra. Il suo braccio è parallelo a quello alzato dell'eroe greco. Secondo la leggenda Era fece impazzire Eracle che, in preda alla follia, uccise i suoi figli. Per espiare questa colpa così grave egli dovrà superare 12 prove tra le quali la pulizia delle stalle del re Augia. Per raggiungere il suo obiettivo (pensate!) devierà il corso di un vicino fiume (vedi lezione Antica Grecia Il mito e la religione).
Nella mètopa raffigurante la fatica dei pomi delle Esperidi (fig.32) Eracle si trova al centro e regge la volta stellata su un cuscino. A sinistra Atena, ripresa frontalmente ma col viso di profilo, curva il braccio fino a toccare la spalla dell'eroe e con la mano ne sostiene il cuscino. A destra Atlante impugna i pomi delle Esperidi; i suoi avambracci creano linee orizzontali che contrastano la verticalità dei corpi. Il rilievo si rifà ancora una volta ad una delle imprese di Eracle, il quale viene chiamato a recuperare questi magici frutti custoditi in un giardino ubicato oltre il confine occidentale del mondo allora conosciuto. I pomi erano custoditi dalle figlie di Atlante, colui che reggeva la volta del mondo. L’eroe greco, dietro suggerimento di Prometeo, chiede proprio ad Atlante di sottrarre i pomi alle figlie: in cambio lo avrebbe sostituito nel gravoso compito di sorreggere il cielo stellato (vedi lezione Antica Grecia Il mito e la religione). In queste raffigurazioni trionfano l'utilizzo di moduli geometrici, la resa dei personaggi di profilo o di prospetto, il contrasto delle linee, ma allo stesso tempo notiamo il morbido alternarsi dei pieni con i vuoti. La costruzione del movimento é sintattica: ogni personaggio è collegato a quello successivo.
In età arcaica i vasi iniziano a essere decorati con scene mitologiche ispirate ai poemi omerici: le figure nere risaltano sul fondo rosso, colore naturale dell'argilla cotta. Tra i reperti più pregiati ricordiamo il famoso vaso François, firmato dal vasaio Ergòtimos e dal ceramografo Kleitìas (570 a.C.) Firenze Museo Archeologico Nazionale (fig.33), così chiamato dal nome del suo scopritore che lo ha portato alla luce presso Chiusi nel 1844. Questo dato è molto importante perché testimonia il fatto che i manufatti greci erano richiesti in tutto il Mediterraneo. Il vaso è di dimensioni importanti (è alto 66 cm) ed è decorato da fasce sovrapposte con scene che ricordano i poemi epici (tra cui la caccia al cinghiale Calidone, i giochi indetti per il funerale di Patroclo, la Centauromachia, le nozze di Teti e Peleo), animali reali e fantastici come gru e grifoni. Le figure sono identificabili grazie alle iscrizioni. Il tema comune è quello dell'iniziazione secondo i riti greci (la caccia, la guerra, le nozze etc.). Le figure sono di colore nero e rappresentate di profilo.
Ammiriamo in particolare la raffigurazione di Aiace Telamonio che trasporta il cadavere di Achille (fig.34), in cui il re di Ftia appare privo di armatura. Una versione del mito racconta di come Achille si fosse invaghito di una delle figlie di Priamo ed Ecuba di nome Polissena. I Troiani allora ne avevano approfittato attirandolo in un agguato presso un santuario di Apollo e causandone la morte.
Nell'anfora di Exechìas con Achille e Aiace che giocano ai dadi (550- 525 a.C.) Roma Vaticano Museo etrusco-gregoriano (fig.35) non c’è più la suddivisione per fasce cosicché i due eroi occupano l'intero spazio della scena. Achille e Aiace sono ripresi in un momento di pausa durante l'imperversare della guerra: essi stanno giocando a dadi e noi, spettatori del ventunesimo secolo, riusciamo a sapere i numeri sortiti dalla giocata perché sono indicati dalle scritte “quattro” e “tre”. Ritratti di profilo ma con l'occhio frontale, le curve delle loro schiene richiamano le anse dell'anfora; le lance sono disposte a formare un triangolo con il vertice in basso in modo da portare l'attenzione dello spettatore sul tavolino cubico da gioco. Aiace è privo dell'elmo che appare sul lato destro appoggiato sullo scudo. I mantelli hanno una decorazione che ricorda i tappeti orientali. Il senso dello spazio è dato dalla posizione dei piedi rispetto al tavolino e ai sedili. La tecnica permette all'artista di realizzare le sagome delle figure con un segno grafico molto sottile: prima della cottura del vaso esse sono dipinte con una vernice particolare perché diventava nera con il calore. Quando il vaso usciva dal forno, i personaggi apparivano come sagome nere sullo sfondo giallo arancio. In seguito, per disegnare i particolari, la vernice veniva graffiata con una punta metallica sottile: grattando veniva fuori il colore della terracotta.
Nell’ anfora con il suicidio di Aiace (540 a.C.) Boulogne-sur-Mer Château- Musée (fig.36), sempre con la stessa tecnica, Exechìas rende protagonista un unico personaggio, Aiace, mentre prepara il suo suicidio perché i compagni di guerra avevano preferito donare le armi che un tempo erano state di Achille ad Ulisse anziché a lui (vedi lezione Odissea viaggio di Ulisse nell’Ade). A sinistra la presenza della palma connota il paesaggio. A destra l'elmo e lo scudo sono i simboli della sua vita da guerriero. Aiace è in ginocchio e sta conficcando nel terreno la spada su cui a breve si getterà suicidandosi.
Acropoli
L’età classica inizia con la vittoria sui Persiani a Salamina(480 a.C.). Pericle (vedi lezione Antica Grecia Un po’ di storia) decise di ricostruire gli edifici sacri sull’Acropoli, (fig.37) andati distrutti durante l’occupazione persiana, grazie ai finanziamenti della Lega delo-attica. Bisogna dire però che inizialmente i Greci erano contrari alla riedificazione del sito perché volevano che l’offesa subìta dal popolo barbaro fosse ricordata nei secoli a venire. Pericle, al contrario, pensava che bisognasse ricostruire edifici ancor più sontuosi dei precedenti proprio al fine di esaltare la superiorità greca sui nemici. Il coordinamento dei lavori venne affidato a Fidia, il più celebre scultore e architetto dell'epoca.
Il Partenone
I lavori cominciarono con la ricostruzione del Partenone (447- 438 a.C.) (fig.38). Il tempio, dedicato alla dea Atena Parthènos (“vergine”), é in stile dorico perché doveva comunicare un'idea di sobria grandezza, octastilo (8 colonne frontali e 17 per lato), periptero. La cella interna custodiva la statua di Atena: forse vi sostavano le fanciulle vergini ateniesi incaricate di tessere e ricamare il peplo offerto alla dea in occasione delle Panatenee. Il rapporto tra altezza e larghezza della parte frontale è stato realizzato secondo la sezione aurea (fig.39) (una parte del segmento è media proporzionale tra l’intero segmento e la parte restante).
Nel 590 d. C. il Partenone venne trasformato in chiesa dai Bizantini per poi, sotto gli Ottomani, divenire una moschea. Nel XVII secolo , durante la guerra tra Veneziani e Turchi, l'edificio fu colpito da una cannonata e andò quasi totalmente distrutto in quanto fungeva da deposito di polvere da sparo. Nel 1799 il conte Thomas Bruce di Elgin , in missione per la Gran Bretagna, ottenne il permesso del governo turco di portare a Londra sculture, iscrizioni ed elementi architettonici vari rinvenuti sull'Acropoli per rivenderli al British Museum di Londra: ancora oggi la Grecia sta cercando di farsi restituire questo patrimonio dal valore incommensurabile. Nel corso dei secoli Atene ha cercato di ricostruire l'intero complesso iconografico del sito ora all'interno del nuovo Museo dell'Acropoli edificato nel 2009 (vedi paragrafi successivi) . Le decorazioni partono dal fronte est ove era raffigurata la nascita di Atena dal capo di Zeus , mito dal significato allegorico perché ci vuole dire che Atena, la dea della saggezza, permette agli uomini di vincere gli istinti e la forza bruta grazie alla ragione. Sul lato occidentale c'era la contesa tra Atena e Poseidone per il predominio sull'Attica: secondo la leggenda tra le due divinità si era svolta una gara per decidere chi dovesse essere il protettore della regione e darle così il proprio nome. Atena regalò ai Greci la pianta dell'ulivo mentre Poseidone fece scaturire dalle rocce una fontana con un colpo di tridente (secondo alcune versioni del mito un cavallo). La vittoria andrà ad Atena (da cui la città di Atene prese il nome). Sulle metope del lato est sono rappresentate scene della Gigantomachia (lotta tra giganti e dèi) (vedi sitografia) , su quello ovest l' Amazzonomachia (vedi lezione Le donne. Il teatro) , su quello a nord la lotta tra Greci e Troiani (allusione alla recente guerra vinta contro i Persiani). Il filo conduttore delle scene è la vittoria della civiltà contro la barbarie rappresentata dagli irrazionali Giganti, i quali hanno osato sfidare Zeus, dalle Amazzoni, donne guerriere simbolo di una società contro natura, e dai Troiani . Nella metopa con scena della Centauromachia (Londra, British Museum) (fig.40) è raffigurata la lotta tra un centauro ei Lapiti (la stessa storia narrata sul tempio di Olimpia). Il centauro a sinistra si erge su due zampe e intreccia la gamba destra dell'uomo. Quest'ultimo gli punta contro il ginocchio per fermare l'impeto dell'essere mostruoso, ma allo stesso tempo cerca di rimanere in equilibrio con l'altra gamba. I due corpi sono uniti nella parte superiore dalla forma di un arco creato dal braccio dell'uomo che colpisce il viso del centauro con un pugno e dal braccio sinistro del centauro che cerca di afferrarlo per la gola. Non c’è più rigidità: i corpi si collocano sullo sfondo in maniera armonica. Sul viso dell'uomo non traspare rabbia, né paura, né odio, bensì la serenità di chi accetta di obbedire alla volontà divina: il suo compito è quello di far trionfare la ragione sulla barbarie.
Sul frontone orientale era presente il gruppo scultoreo con le tre dee che assistono alla nascita di Atena (fig.41) (Londra, British Museum): probabilmente si tratta di Afrodite, la madre Dione (vedi sitografia) ed Hestia, la dea del focolare. La linea del corpo di Afrodite (ultima figura a destra) parte dal basso per risalire man mano verso l'alto adattandosi alla forma del frontone. Si parte dalla posa di profilo di Afrodite che diventa di tre quarti, al busto di Dione che sembra ruotare e accogliere il corpo della figlia, ad Hestia rappresentata frontalmente. I panneggi creano effetti chiaroscurali suggestivi (si dice che siano “bagnati”, cioè come se fossero intrisi d'acqua).
Per tutto il perimetro della costruzione correva il fregio con le Panatenaiche, le feste in onore della dea Atena: una lunga processione partiva dal lato ovest del tempio per dividersi in due cortei e ricongiungersi sul lato est. Vi erano rappresentati cavalieri, gente comune e dèi che per l'occasione omaggiano la dea Atena. In questa scena, oggi al British Museum di Londra, il giovane a cavallo a sinistra si volta indietro verso il compagno (fig.42). La capigliatura ricciuta contrasta con il panneggio del mantello e con la resa rotante del torso. L'altro ragazzo è sul cavallo che si sta impennando, ma il suo volto non è affatto intimorito; il busto si inclina per assecondare il movimento dell'animale.
Bellissima é la scena del fregio custodito nel Museo dell'Acropoli in cui il toro sacrificale (fig.43) sembra anche lui impennarsi e scontrarsi con l'uomo che lo precede formando un triangolo. Le scene sono caratterizzate da un forte naturalismo; ogni elemento si collega a quello immediatamente precedente e al successivo: si dice dunque che la costruzione è sintattica.
Anche gli dèi assistono alla processione (fig.44): essi sono seduti e rappresentati con dimensioni maggiori rispetto ai partecipanti alla processione; i loro visi sono stati scalpellati quando il tempio è divenuto chiesa cristiana perché erano considerati simbolo di paganesimo.
Il Partenone e i suoi rilievi erano dipinti di rosso, blu, giallo e bianco. All'interno della cella era custodita la statua di Atena Parthenos (fig.45) (copia Atene Museo archeologico). Si trattava di una statua crisoelefantina la cui veste dorata era stata fabbricata (pensate!) con 1000 kg d'oro mentre le parti nude erano in avorio. Gli occhi erano stati realizzati con pietre preziose e l'intera statua costò come un'intera flotta di oltre 200 triremi. Purtroppo, l’opera più bella di Fidia è stata la causa della sua misera fine: egli fu accusato dagli avversari di aver rubato parte dell'oro destinato alla statua e di essersi rappresentato insieme a Pericle nella scena dell'Amazzonomachia raffigurata sullo scudo della dea. Oggi rimangono solo alcune copie di ricostruzioni della statua originale alta circa 12 m. Atena indossava l'ègida con sopra la testa di Medusa, un elmo decorato con sfingi e grifi, la mano destra reggeva una nike (vittoria alata) mentre l'altra teneva in piedi uno scudo rotondo effigiato con Erittonio (vedi sitografia). La parte esterna dello scudo era decorata con scene tratte dall’Amazzonomachia, su quella interna figurava la Gigantomachia. I bordi delle suole dei sandali rappresentavano la Centauromachia mentre sulla base della statua era riportato il mito della nascita di Pandora (vedi sitografia). Una curiosità: siccome la zona dell'Acropoli era caratterizzata da un clima arido, accanto alla statua si trovava un bacino d'acqua per umidificare l'ambiente e preservare l’avorio.
I Propilei
L'accesso all’Acropoli avveniva varcando i Propilei (fig.46), ovvero un ingresso porticato caratterizzato da un corpo centrale più arretrato e due ali laterali più avanzate. È di ordine dorico ed esastilo nel prospetto centrale mentre il vestibolo si caratterizzava per le tre colonne ioniche per lato. L'ala sinistra ospitava una Pinacoteca, quella di destra era caratterizzata da un portico. L'edificio manca di simmetria a causa del dislivello del terreno, ma anche perché i sacerdoti si rifiutarono di abbattere, probabilmente per motivi religiosi, un antico muro miceneo preesistente.
L'ala destra è dunque priva di una camera retrostante: per cercare di porre rimedio all’ asimmetria delle due ali, sullo sperone a destra dei Propilei è stato costruito il tempietto di Atena Nike (430-421 a.C.) (fig.47) di ordine ionico. La costruzione risale all’epoca di Pericle ed è stata pensata per andare a sostituire quella precedente voluta dal tiranno Pisistrato (vedi lezione Antica Grecia Un po’ di storia), andata distrutta durante l’assedio dei Persiani.
L’Eretteo
Costruito da Filocle sotto la direzione di Fidia tra il 421 e il 406 a.C., sempre sull’Acropoli, l’Eretteo (fig.48) custodisce all'interno le memorie sacre della città, tra cui l'ulivo donato da Atena e le tracce del tridente di Poseidone, protagonisti della contesa per il predominio sull'Attica. Il tempio ionico si compone di sei colonne sulla parte orientale. Il nome Eretteo ricorda il sesto re mitico di Atene che aveva introdotto il culto di Atena, purtroppo ucciso da un colpo di fulmine di Zeus scagliatogli contro perché il sovrano era reo di aver ucciso Eumolpo, il figlio di Poseidone.
Caratteristica é la Loggia delle cariatidi (fig.49): sul lato meridionale ci sono sei statue femminili che sorreggono la trabeazione della struttura; esse riproducono le abitanti della Cària, popolo colpevole di tradimento perché si era alleato con i persiani. Le figure femminili appaiono vestite con abiti sontuosi e riccamente ingioiellate; hanno un cesto sulla testa che funge da capitello e per questo sono dette canefore. In origine le sculture reggevano in mano le bacinelle usate per le libagioni; le pieghe del peplo ricordano le scanalature delle colonne. Il pesante carico sorretto era simbolo della punizione del peccato di tracotanza di cui questo popolo si era macchiato osando allearsi con i nemici della Grecia. C’è però un’altra storia che spiega il significato di queste figure femminili: scopritelo andando a leggere la lezione Antica Grecia Alimentazione e Sport! Le sculture che ammiriamo sull’Acropoli sono in realtà delle copie perché le originali sono custodite presso il museo dell'Acropoli (una invece è al British Museum di Londra).
La statuaria
L’Auriga di Delfi
L’Auriga di Delfi (475 a.C.) Museo Archeologico Delfi (fig.50) raffigura un vincitore di una gara di quadriga. Da un'iscrizione possiamo capire che si tratta di un ex voto commissionato da un certo Polizelo, un tiranno di Gela, per ringraziare gli dèi di avergli fatto vincere i giochi pitici (vedi lezione Antica Grecia Alimentazione e sport). Purtroppo, mancano cavallo e carri. L'atleta è ripreso in una posa solenne; il corpo ricorda la colonna dorica e la veste (la xystis) è un lungo chitone (vedi sitografia) caratterizzato da pieghe scanalate che creano un forte contrasto chiaroscurale. La testa é cinta dalla tenia (detta anche tainia) ovvero la benda che cingeva il capo dei vincitori. Il dorso si inarca leggermente all'indietro per poter bilanciare la trazione anteriore dei cavalli. Le braccia reggono saldamente le redini. Sulla schiena sono visibili addirittura due cuciture oblique che arricciano la veste (fig.51): il particolare è molto realistico così come anche sono ben visibili i tendini e le vene dei piedi. Rispetto all'età arcaica le sculture iniziano ad integrarsi con lo spazio circostante. L'autore è forse Sòtade, vissuto nel V secolo avanti Cristo, originario della Beozia. La scultura è eseguita con la tecnica del bronzo a cera persa (vedi sitografia).
Per quanto riguarda l’identità di Zeus di Capo Artemisio (460 a.C.) Atene Museo Archeologico Nazionale (fig.52) ci sono due ipotesi: si tratta di Zeus che scaglia un fulmine o di Poseidone ripreso mentre sta per lanciare il tridente. La terza ipotesi, secondo la quale si tratterebbe di un atleta che sta per gettare il giavellotto, non è attendibile dal momento che nell'antichità la barba folta era un attributo dei Crònidi (= figli di Crono: Zeus, Poseidone, Ade). La scultura è stata ritrovata nei fondali dell'isola Eubea nel 1928 e si basa sul principio di ponderazione, ossia appoggia tutto il peso (pondus) su di un punto, che funge da fulcro, da cui parte il movimento che si propaga attraverso il corpo e poi nello spazio circostante. La statua è dunque colta nel momento di raccoglimento e di tensione prima di scagliare l'arma divina. Originariamente negli occhi erano inseriti bulbi oculari in pietre dure e paste vitree al fine di realizzare un'imitazione realisticamente perfetta di questa parte del corpo. Probabilmente il modello di riferimento dello scultore Calamide (o un suo discepolo) sono state raffigurazioni vascolari o incisioni presenti su alcune monete.
Discobolo di Mirone (455 a.C.) copia in marmo Roma Museo Nazionale Romano (fig.53) L'opera è una copia in marmo di epoca romana di un originale in bronzo. L'atleta è colto nel momento in cui sta per lanciare il disco e, dunque, nel mentre della sua azione: sta sollevando il braccio destro fino alla massima altezza per poi scattare nella direzione opposta. Le braccia formano con la gamba sinistra un arco continuo. Notiamo la presenza di moduli triangolari, tra cui quello formato dallo spazio vuoto tra i due piedi. L'intento di Mirone é quello di mostrare come la perfezione fisica rimandi alla bellezza interiore nella ricerca dell'idealizzazione. Dietro l'atleta è presente un tronco di palma che ha la funzione di rinforzo: questo accade perché l’opera è in marmo mentre l'originale era stato realizzato in bronzo, un materiale sufficientemente resistente a supportare il peso della scultura.
Trono Ludovisi (460-450 a.C.) Roma Palazzo Altemps Scoperto nel 1887, il manufatto, il cui nome richiama la famiglia romana cui apparteneva, è stato realizzato con marmo dell'isola di Thasos e consiste in un unico blocco che ricorda la forma di un trono. I pannelli sono decorati sulle superfici esterne: su quello più grande é rappresentata la nascita di Venere dalle acque del mare sorretta dalle Ore (vedi sitografia) rese di profilo (fig.54). Venere è vista frontalmente mentre il viso si volge lateralmente alla figura di sinistra. Entrambe le Ore coprono le nudità della dea con un drappo che la lascia nuda dalla cintola in su. I loro piedi poggiano su una sorta di ghiaia (ciò allude al luogo in cui avviene l'evento, ovvero la riva del mare). Ai lati del blocco di marmo sono rappresentate due figure femminili (fig.55): una, completamente nuda, suona il doppio flauto mentre l'altra indossa un chitone e un himation (vedi sitografia) ed è intenta a versare in un bruciaprofumi alcuni grani di incenso come se stesse attendendo ad un'offerta sacrificale. Entrambe le figure poggiano su un cuscino. Forse il manufatto fungeva da trono per la statua di Afrodite Ericina, rinvenuta in un contesto poco distante dal luogo di ritrovamento del trono (Horti Sallustiani), il cui culto aveva avuto origine dal santuario siciliano di Afrodite ad Erice (località siciliana vicino Trapani). I personaggi femminili laterali rappresenterebbero l’amor sacro (donna raffigurata come una matrona) e l’amor profano (figura nuda).
Doriforo di Policleto (445 a.C.) copia in marmo Napoli Museo Archeologico Nazionale (fig.56) Il termine doriforo significa “portatore di lancia”. Si tratta di una statua realizzata da Policleto, allievo di Mirone. La scultura originale in bronzo vanta il fatto di essere stata riprodotta in numerose copie in marmo in età romana: in particolare, questa è stata ritrovata in una palestra di Pompei; probabilmente essa doveva simboleggiare la perfezione fisica e morale cui dovevano aspirare gli atleti. La scultura è la dimostrazione pratica del cosiddetto canone ovvero un trattato scritto da Policleto, oggi purtroppo perduto, incentrato sulle regole numeriche alla base della rappresentazione perfetta di un corpo umano. Le varie parti anatomiche dovevano seguire determinate proporzioni: ad esempio la testa era 1/8 dell'altezza del corpo mentre il busto i 3/8. Ogni parte del corpo doveva relazionarsi in maniera armonica e proporzionata a quella adiacente: la falange al dito, il dito alla mano, la mano al braccio, etc. La figura poggia sulla gamba destra tesa mentre l’altra è leggermente arretrata. Alla gamba destra tesa si contrappone dall'altra parte, simmetricamente opposta, il braccio piegato che un tempo reggeva la lancia. Alla gamba sinistra flessa corrisponde il braccio destro libero. Questa corrispondenza inversa è detta chiasmo (= incrocio, dalla lettera greca x, chi). Se si cambia anche solo la posizione di una delle parti del corpo variano tutte le altre perché viene messo in discussione l'equilibrio raggiunto. Policleto è arrivato a concepire questa idea di perfezione dopo aver calcolato la media delle misure che caratterizzavano il fisico di singoli giovani atleti.
Bronzi di Riace (470-430 a.C. circa) Reggio Calabria Museo Nazionale della Magna Grecia (fig.57) Le due statue bronzee sono state rinvenute nel 1972 al largo della costa ionica di Riace; probabilmente facevano parte del carico gettato in mare, per motivi di pericolo, da una nave naufragata. Si tratta di due guerrieri realizzati saldando i vari pezzi fusi separatamente. Entrambi con una mano reggevano lo scudo (di cui è rimasta parte dell'impugnatura) e con l'altra una lancia o un'ascia. La muscolatura è resa in maniera perfetta, i dettagli sono molto curati: i capezzoli e le labbra sono in rame, i denti del guerriero A (quello a sinistra) in argento (fig.58), le cornee di entrambi sono in avorio e le iridi in pasta vitrea.
Tutte e due le figure sono barbute e la postura risponde al chiasmo (corrispondenze inversa vedi spiegazione Doriforo di Policleto). Il guerriero A presenta una posa più rigida rispetto all'altro, caratterizzato da un atteggiamento più rilassato: questo ha fatto ipotizzare che siano state realizzate da due scultori diversi (per il bronzo A Agelàda il Giovane e per il bronzo B Alcamène il Vecchio) o che risalgono a epoche distanti cronologicamente qualche decennio (bronzo A 470- 460 a.C. e bronzo B 430 a.C.). Il guerriero B, a supporto del copricapo, indossa una calotta sulla testa; il suo braccio destro mostra di aver subito un restauro sin dall’antichità. I due bronzi sono stati restaurati a Firenze per poi essere custoditi nel museo di Reggio Calabria. A cosa potrebbero alludere i soggetti? Si tratta forse dei Sette contro Tebe, tragedia di Eschilo in cui si narra dello scontro tra valorosi guerrieri per la conquista della città della Beozia: forse il guerriero A rappresenterebbe Tideo reo di cannibalismo (gli indizi che portano a questa interpretazione sono la dentatura e il ghigno inquietante).
Diadùmeno (420 a.C.) copia in marmo Atene Museo Archeologico Nazionale (fig.59) Opera sempre attribuita a Policleto, rappresenta un atleta che si sta cingendo il capo con la benda della vittoria. Purtroppo le mani sono andate perse. Il gesto e la rotazione della testa volta verso il basso conferiscono alla statua un senso di movimento. I muscoli del torace sono rappresentati in maniera realistica e allo stesso tempo perfetta perché l'obiettivo era quello di mostrare la perfezione fisica e la bellezza ideale.
Afrodite Cnidia di Prassitele (364- 363 a.C.) copia romana in marmo Roma Città del Vaticano Museo Pio Clementino (fig.60) La dea dell’amore è rappresentata mentre sta per farsi il bagno e sta posando la sua veste sopra un vaso oppure nel momento in cui è uscita dall'acqua e afferra la veste da indossare. Viene privilegiata la naturalezza del gesto che potrebbe essere quello di una donna qualunque. Nel 77 d.C. Plinio afferma che la fama di questa scultura fece il giro del mondo al punto tale da attrarre numerosi curiosi. Il soggetto raffigurato si ispirava ad una splendida cortigiana la cui bellezza era decantata da numerose leggende (vedi lezione Antica Grecia Le donne. Il teatro).
Hermes con Dioniso bambino (350-340 a.C.) Olimpia Museo Archeologico (fig.61) È l'unica opera originale di Prassitele. Hermes, il dio messaggero degli dèi, è rappresentato mentre sta giocando con il piccolo Dioniso. La mano reggeva un grappolo d'uva (entrambi sono andati perduti). La posa di Hermes è sbilanciata su un lato e per questo recupera l'equilibrio appoggiandosi al tronco coperto dal drappo. Prassitele era solito affidare al pittore Nicia il ritocco delle sue opere con una miscela di cera e olio chiamata gànosis, la quale conferiva al marmo un aspetto ambrato.
Menade danzante di Skopas (330 a.C.) Dresda Skulpturensammlung Alla fine del IV secolo a.C. si va affermando in scultura un orientamento verso una resa drammatica della realtà e si vuole mettere in evidenza la sofferenza provata dai soggetti rappresentati. È un periodo di crisi: è terminata l'era di Pericle e la Grecia è scombussolata dalla guerra del Peloponneso (vedi lezione Antica Grecia Un po’ di storia), le emozioni prendono il posto della classica imperturbabilità. In questa scultura realizzata da Skopas, attivo in Attica, figura una menade o baccante, seguace del dio del vino (fig.62). Le menadi seguivano il carro di Dioniso durante le sue scorribande e partecipavano a danze sfrenate in cui perdevano totalmente il controllo. Invase da uno stato di furore, cacciavano e sbranavano cerbiatti (vedi lezione Antica Grecia Alimentazione e sport).La donna è ripresa mentre inarca la schiena in un moto di torsione: la veste così si apre lasciando scoperta la coscia e parte del corpo mentre i lunghi capelli ondulati le cadono sensualmente all'indietro. Per la prima volta nella storia dell’arte ci troviamo dinanzi alla rappresentazione scultorea del dramma.
Skopas ha partecipato anche alla realizzazione del Mausoleo di Alicarnasso, monumento funebre fatto erigere in onore del re Mausolo e una delle 7 meraviglie dell'antichità. Le decorazioni dei fregi, custodite a Londra nel British Museum, riconducono al suo stile; in particolare la drammaticità della menade danzante è ricordata in una scena dell’Amazzonomachia (350 a.C.) Londra British Museum (fig.63) in cui appare una novità figurativa: lo scultore fa cavalcare un'amazzone al rovescio in maniera da contrapporre la posa della combattente alla direzione dell'andatura del cavallo che si impenna in avanti. ll soldato ateniese, invece, si difende con lo scudo e cerca di ripararsi dall'attacco dell'avversario creando una sorta di diaframma con la gamba tesa. Trionfa l'impeto nei movimenti, l'azione drammatica e l'agitarsi dei panneggi.
Satiro danzante (330-320 a.C.) Museo del Satiro Mazara del Vallo (Trapani) (fig.64) Recuperato nelle acque dello stretto di Sicilia nel 1998, si tratta di un originale in bronzo realizzato saldando tra loro le varie parti del corpo mentre la capigliatura è rifinita a bulino. Molto probabilmente l'autore é Prassitele. La scultura, mancante di varie parti, sembra quasi librarsi nell'aria e per questo è stata identificata anche con il dio Eolo. I capelli sono scompigliati dal vento (fig.65) e le orecchie sono a punta alla maniera dei satiri. Sulla parte bassa della schiena è presente un foro cui era attaccata la coda. Una gamba doveva essere appoggiata al suolo mentre l'altra è piegata. La bocca è socchiusa; probabilmente su un braccio era appoggiata una pelle di pantera con cui i satiri usavano coprirsi una volta terminata la danza orgiastica. Il braccio sinistro reggeva il tirso, il bastone attributo di Dioniso con all'estremità una pigna, foglie di edera e pampini (vedi lezione Antica Grecia Alimentazione e sport). Gli studiosi hanno ipotizzato che probabilmente l'opera faceva parte di un girotondo in cui si alternavano satiri e menadi baccanti. Forse la scultura faceva parte di un bottino di guerra, frutto del sacco di Roma del 455 d.C. ad opera di Genserico, il re dei Vandali, che lo aveva spedito via mare in direzione del nord Africa, ma la nave con il prezioso carico sarebbe andata alla deriva. Vicino il luogo di ritrovamento della scultura è stata captata la presenza di altri oggetti metallici grazie a sofisticati apparecchi. Siamo in attesa di venire a conoscenza di altri importanti ritrovamenti…
In epoca classica si iniziano a produrre vasi con sfondo nero e figure rosse. I particolari sono dipinti con linee nere e questo contribuisce a creare un effetto pittorico. Guardiamo il vaso con Achille e Patroclo (500 a.C.) Berlino Staatlische Museen Antikensammlung (fig.66), realizzato da Sòsias, che raffigura Achille mentre sta medicando una ferita di guerra a Patroclo, il quale volta la testa dalla parte opposta per non guardare. La freccia che l’ha colpito è visibile in basso a sinistra. Il re di Ftia mostra il viso concentrato a curare l'amico che siede in maniera scomposta con le gambe aperte e sta ruotando il dorso di scatto forse per il dolore causatogli dalla ferita. Patroclo si regge con una mano, in maniera realistica, il braccio ferito mentre punta il piede sinistro verso il bordo. Gli occhi sono resi di profilo.
Ricordiamo ancora il cratere dei niobidi (460 a.C.) Parigi Louvre (fig.67 e 68) in cui è rappresentata da un lato la strage dei figli di Niobe ad opera di Apollo e di Artemide: secondo il mito, infatti, Niobe si vantava di aver dato alla luce ben 14 figli contro i soli due partoriti da Leto, Apollo e Artemide. Sul lato principale del vaso, Apollo é colto nel momento in cui sta per scoccare la freccia mentre la sorella Artemide ne sta estraendo una dalla faretra. I personaggi sono disposti liberamente e le teste non sono più allineate alla stessa altezza come avveniva nella produzione precedente. Sull'altro lato del vaso figura Eracle trionfante con i suoi attributi: la clava, la pelle del leone di Nemea sulle spalle e il capo cinto dalla corona di alloro. Una particolarità: i piedi dell'eroe sono resi di scorcio frontalmente. Anche in questo vaso gli occhi dei personaggi sono visti di lato.
Tra i nomi di pittori celebri nell'antichità ricordiamo: Apollodoro, Parrasio e Zeusi. Di Apollodoro e Parrasio si racconta che erano diventati ricchissimi e che si comportavano in maniera assai stravagante. Zeus ee Parrasio si scontrarono anche in un duello pittorico in occasione del quale Zeusi avrebbe dipinto dei grappoli di uva in maniera così somigliante al vero da attirare gli uccelli che iniziarono a beccare il quadro. Parrasio dipinse una tenda con tale verismo da ingannare lo stesso Zeusi e indurlo a spostarla. Celebre è inoltre l'aneddoto secondo il quale quest’ultimo, al fine di dipingere la figura di Elena di Troia per il santuario di Crotone, avrebbe tratto ispirazione dalle ragazze più belle della città, ritraendo ciò che c'era di più armonioso in ciascuna di esse: l’immagine della perfezione assoluta, dunque, nasce dall’ unione e dalla sintesi della bellezza frammentaria. Tra i pochissimi esempi di pittura del V secolo a.C. ricordiamo la tomba del tuffatore di Paestum (480 a.C.) Paestum Museo Archeologico (fig.69). All'interno del coperchio è dipinta l'immagine di un truffatore che si getta dall'alto di un pilastro. La scena è incorniciata da palmette che fanno da nota naturalistica insieme ad un paio di alberelli. Probabilmente si voleva alludere al passaggio del defunto dalla vita terrena all'aldilà.
Sui pannelli laterali sono rappresentate scene di un simposio (vedi lezione antica Grecia Alimentazione e sport) con i partecipanti seduti su klinai, intenti a chiacchierare, giocare al cottabo e ad amoreggiare: la morte non viene più vista come qualcosa di negativo, ma come passaggio dell'anima nell'aldilà.
Museo Archeologico Nazionale di Atene
L’idea di erigere ad Atene un museo che custodisse preziosi reperti antichi nacque attorno al 1832 quando il giovane Ottone I, di nazionalità bavarese, divenne re di Grecia. Animato dall’amore per l’antico e desideroso di imparare il greco popolare, egli si stabilì in Grecia anche per concretizzare il suo sogno: quello di trasformare la città di Atene in una grande capitale. Grazie ai fondi da lui stanziati e ad una ricca donazione elargita dal mercante Bernardakis venne eretto un museo (fig.70) al fine di raccogliere e custodire le antichità. Un contributo notevole ovviamente è stato dato dal Tesoro di Atreo scoperto da Schliemann (vedi lezione Civiltà micenea).
Museo dell'Acropoli di Atene
Realizzato dall'architetto B.Tschumi tra il 2001 e il 2009, il museo è in stile moderno (fig.71), caratterizzato da ampie vetrate in modo da illuminare le sculture con la luce naturale come se si trovassero all'aperto (fig.72) . I pavimenti del primo piano sono trasparenti per rendere visibili gli scavi. All’interno possiamo trovare alcuni fregi del Partenone e le cariatidi originali dell'Eretteo. In particolare, si possono ammirare le metope e i fregi sospesi tra i pilastri proprio a richiamare le colonne del Partenone (fig.73).
Ecco alcune foto del tour Grecia classica e isole Saroniche che ho fatto quest'estate con tappa ad Atene, Olimpia, Epidauro, Delfi.
Per tesoro dei Sifni:
https://it.wikipedia.org/wiki/Tesoro_dei_Sifni
Per Vitruvio:
https://www.treccani.it/enciclopedia/vitruvio
Per epigramma:
https://www.treccani.it/vocabolario/epigramma/
Per la colmata persiana:
https://it.wikipedia.org/wiki/Colmata_persiana
Per Gigantomachia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Gigantomachia
Per Dione:
https://it.wikipedia.org/wiki/Dione_(divinit%C3%A0)
Per Erittonio:
https://it.wikipedia.org/wiki/Erittonio_(re)
Per la Caria:
https://www.treccani.it/enciclopedia/caria
Per il chitone:
https://it.wikipedia.org/wiki/Chitone
Per tecnica di fusione del bronzo a cera persa:
https://mydbook.giuntitvp.it/app/books/GIAC90_G9072004C/html/71
Per le Ore:
https://it.wikipedia.org/wiki/Ore
Per l’himation:
https://www.wikiwand.com/it/Himation
Per i bronzi di Riace:
https://www.finestresullarte.info/opere-e-artisti/bronzi-di-riace-storia-capolavori-scultura-greca
Per tomba del tuffatore di Paestum:
https://postiepasti.com/2021/03/10/paestum-tomba-del-tuffatore-magna-grecia/
Per l’Acropoli:
Fig.02 https://www.arteworld.it/anfora-del-lamento-funebre/
Fig.04 https://www.artesplorando.it/2016/04/olpe-chigi-la-maestria-degli-artisti-di-corinto.html
Fig.05 https://www.classicult.it/olpe-chigi-ceramica-protocorinzia/
Fig.06 https://it.wikipedia.org/wiki/Pittore_di_Polifemo#/media/File:Polyphemus_Eleusis_2630.jpg
Fig.07 https://www.skuola.net/storia-arte/classica/struttura-tempio-greco.html
Fig.08 https://www.artesvelata.it/tempio-greco/
Fig.09 https://www.artesvelata.it/tempio-greco/
Fig.11 https://www.artesvelata.it/tempio-greco-seconda-parte/
Fig.12 https://it.wikipedia.org/wiki/Heraion_di_Olimpia#/media/File:Olympia_-_Temple_of_Hera_3.jpg
Fig.14 https://www.paestumsites.it/paestum/il-tempio-di-cerere-o-atena
Fig.15 https://cjalzumit.wordpress.com/tag/scozia/
Fig.16 e 17 https://www.artesvelata.it/tempio-greco-seconda-parte/
Fig.18 https://it.wikipedia.org/wiki/Capitello#/media/File:Architecture_Logo.jpg
Fig.20 https://www.placesonline.com/greece/photos-delphi/107031_delfi_tesoro_dei_sifni
Fig.21 https://www.teknoring.com/wikitecnica/storia/corinzio-ordine/
Fig.22 https://it.wikipedia.org/wiki/Cleobi_e_Bitone#/media/File:Ac.kleobisandbiton.jpg
Fig.23 https://miriamgaudio.blogspot.com/2013/02/hera-di-samos-scultura-greca.html
Fig.24 https://it.wikipedia.org/wiki/Moscoforo#/media/File:ACMA_Moschophoros.jpg
Fig.25 https://it.wikipedia.org/wiki/Tempio_di_Afaia#/media/File:Aphaia_Eastern_Pediment.jpg
Fig.28 https://it.wikipedia.org/wiki/Frontoni_del_tempio_di_Zeus_a_Olimpia#/media/File:Fronton-zeus.jpg
Fig.30 fotografia dell' autrice
Fig.31 https://it.wikipedia.org/wiki/Augia#/media/File:Herakles_Augean_Stables.jpg
Fig.32 https://caterinafuso.blogspot.com/2013/03/atena-eracle-atlante.html
Fig.37 https://www.grecia.info/atene/cosa-vedere-atene/acropoli/
Fig.38 http://www.storico.org/prime_civilta/acropoli_atene.html
Fig.39 https://www.lucaleggi.it/blog/la-sezione-aurea-nella-musica/
Fig.40 https://it.wikipedia.org/wiki/Metope_del_Partenone
Fig.41 https://i.pinimg.com/originals/92/d6/1f/92d61f6e5743583f28d23d658b3b1b5b.jpg
Fig.42 https://www.facebook.com/vociantiche/posts/1219175728198412/
Fig.43 e 44 foto scattate dall'autrice
Fig.45 https://it.wikipedia.org/wiki/Atena_Varvakeion#/media/File:NAMA_Ath%C3%A9na_Varvakeion.jpg
Fig.46 https://approfondimentidiarchitettura.wordpress.com/2018/04/03/i-propilei-atene-437-a-c/
Fig.48 https://it.wikipedia.org/wiki/Eretteo#/media/File:The_Erechtheion_on_May_14,_2021.jpg
Fig.49 https://it.wikipedia.org/wiki/Cariatide#/media/File:Ath%C3%A8nes_Acropole_Caryatides.JPG
Fig.50 https://www.artesvelata.it/auriga-delfi/
Fig.51 https://www.miti3000.it/mito/musei/delfi/delfi2.htm
Fig.52 https://www.arteworld.it/zeus-di-capo-artemisio/
Fig.54 https://it.wikipedia.org/wiki/Trono_Ludovisi#/media/File:Ludovisi_throne_Altemps_Inv8570.jpg
Fig.55 https://www.progetti.iisleviponti.it/Venere_e_vanita/documenti/Trono_Ludovisi.htm
Fig.56 https://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/il-doriforo-appartiene-all-italia/138933.html
Fig.57-58 https://www.finestresullarte.info/opere-e-artisti/bronzi-di-riace-storia-capolavori-scultura-greca
Fig.59 https://www.pinterest.it/pin/667166132271561361/?send=true
Fig.60 https://it.wikipedia.org/wiki/Afrodite_cnidia#/media/File:Afrodite_cnidia.jpg
Fig.65 https://restaurars.altervista.org/il-satiro-danzante-dal-fortuito-ritrovamento-al-restauro/
Fig.67 https://mythologiae.unibo.it/index.php/2016/03/14/cratere-dei-niobidi/
Fig.69 https://fotografareviaggiando.it/paestum-la-tomba-del-tuffatore/
Fig.72 https://acropolistickets.tours/it/acropoli-biglietti/biglietto-museo-acropoli/
Fig.73 https://mywowo.net/it/grecia/atene/museo-acropoli/secondo-piano-le-metope-del-partenone